Realizzare sul campo degli opposti
Realizzare: rendere reale. Un’intuizione non è mai del tutto reale fino a che non trova riscontro nella materia, nello svolgersi delle cose. Un’idea resta tale fino a che non diventa reale. Ma ci sono diversi modi di realizzare, comprendere. Si può “fare” ma anche “essere” e allo stesso modo una realizzazione può riguardare cose pratiche ma anche cose interiori.
Molto spesso un insight genera una comprensione ma alcune volte succede che una realizzazione interiore avvenga sul “campo di battaglia” della vita. Realizzare qualcosa in condizioni avverse, significa che quella specifica comprensione avrà una marcia in più: quella di essere avvenuta, di aver tratto origine da condizioni avverse e pertanto ancora più incisive.
Quando una comprensione trae origine da una qualsiasi forma di disagio, in realtà ha sempre qualcosa in più: la certezza di poter sempre ricostruire il percorso che l’ha prodotta.
E questo non è poco, dato che molto spesso qualcosa che comprendiamo perde le origini del processo che ci ha portati a quella specifica realizzazione, rendendo così molto complesso condividere quella comprensione con altri.
E’ più difficile, certo, ma una realizzazione compiuta in e su condizioni avverse ha un valore infinitamente più pratico e duraturo. Ricostruire un processo realizzativo infatti non ha solo una valenza riferita alla condivisione, ma anche a noi stessi, alla possibilità di ripercorrere delle tappe realizzative per cogliere altri aspetti della realtà, quelle specie di “idee collaterali” che sempre seguono una principale.
Il motivo per cui cose di questo tipo sono più rare è esclusivamente da ricercarsi nella minor consapevolezza e focalizzazione che noi tutti mettiamo in campo in situazioni di crisi: tensione, ansia, stress sono tutte condizioni al contorno che ci rubano energia, impedendoci così quella presenza osservativa e distaccata che da sola è in grado di portarci ad una visione più chiara della realtà.
Ecco perchè quando realizziamo qualcosa in queste condizioni abbiamo per le mani qualcosa di più profondo. Perchè se, nonostante tutto, siamo riusciti a restare presenti anche in una condizione di crisi, allora la nostra profondità di osservazione non poteva che essere maggiore rispetto ad altri momenti meno pregnanti.
Un buon modo per crescere, anche se di certo non così comunemente sperimentabile.