Ricordo, esperienza e immaginazione: l’inganno della memoria
L’essenza della memoria: angelo e demone allo stesso tempo. Oggi questo fondamentale elemento della nostra vita viene studiato sempre più in termini digitali e di worflow, una conseguenza sotto forma di anello di retroazione resa possibile dal fatto che i sistemi informativi sono stati a suo tempo strutturati proprio sul modello funzionale della memoria umana.
La cosa interessante è che tramite l’osservazione, quella tecnica alla base della consapevolezza, si scoprono alcune cose particolari di questo elemento che vale la pena sottolineare: una di queste è la differenza fondamentale ma difficilmente percepibile tra esperienza e ricordo della stessa.
Potremmo dividere l’esperienza in due grandi classi: l’esperienza oggettiva e quella soggettiva. Qual’è la differenza?
Un esperienza oggettiva è l’esperire qualcosa che non dipende ne viene influenzato dal nostro giudizio. Per contro, un’esperienza soggettiva è la conseguenza di una qualche interpretazione dell’esperienza oggettiva da parte della nostra mente o di uno dei nostri sistemi di percezione.
Facciamo un esempio: se mettiamo una mano sul fuoco sperimenteremo l’effetto del calore sulla nostra pelle. Questa è un’esperienza oggettiva. Ma un istante dopo che l’esperienza è avvenuta, ovvero quando inizia il trasferimento dell’informazione dell’avvenuto al nostro cervello, essa diventa soggettiva e la mente ordinaria interviene nella percezione della realtà. Sempre con riferimento alla mano sul fuoco, possiamo percepire un dolore più o meno intenso, con una qualità di spavento o di rabbia, o di sopresa. Per inciso abbiamo la dimostrazione che la mente può addirittura intervenire sul fenomeno stesso, alterandone anche completamente le conseguenze: è noto a tutti che, in particolari condizioni di ipnosi o di concentrazione o di meditazione, le conseguenze della classica “camminata sui carboni ardenti” (per rimanere in sintonia con l’esempio precedente) possono essere tranquillamente… nulle!
L’esperienza (ovvero la conoscenza) avviene quando neppure un pensiero sta tra la nostra consapevolezza e ciò che viene esperito (cit.).
Non è una questione di tempo, quanto di memoria. Nell’istante successivo all’esperienza oggettiva, questa cessa e viene rivissuta tramite la memoria. Da quel momento non è più esperienza ma ricordo della stessa, mediato da tipi di memoria progressivamente più complessi. Tutti avranno sperimentato almeno una volta nella vita ricordi che non avevano nulla a che vedere con quanto davvero accaduto ma che, fino all’istante in cui una qualche evidenza ci ha dimostrato il contrario, eravamo convinti fossero esattamente quanto accaduto.
Il fatto è che questa modificazione del ricordo avviene nel 99% dei casi nell’arco del tempo. Quindi la nostra memoria, a meno che non si utilizzino tecniche apposite (di cui ad esempio era esperto Giordano Bruno) o a meno di casi di costituzione particolare, non dovrebbe mai essere considerata totalmente affidabile. Anzi, più l’episodio ricordato è lontano nel tempo e meno la memoria è coerente con il fatto ricordato.
Quello che non molti notano tuttavia è che la memoria non solo media il ricordo di eventi ma anche di emozioni, pensieri e sogni. Un sogno particolarmente vivido può essere in molti casi ricordato come qualcosa di davvero avvenuto. Un’immaginazione particolarmente fervida può generare infatti un falso ricordo dalla pregnanza così simile a quella di fatti realmente accaduti da essere da essi quasi indistinguibile.
Quindi abbiamo due motivi per considerare la memoria un demone: in primis perchè crea delle realtà fasulle il secondo perchè già da subito si frappone fra noi e l’esperienza oggettiva.
Il problema fondamentale però è dato dalla nostra inconsapevolezza che facimente ci porta a non accorgerci che una determinata esperienza è cessata ed a comportarci come se essa fosse ancora in atto sulla base del ricordo della stessa. Quando questo accade, le nostre azioni non sono più basate su un’esperienza oggettiva, ma su un ricordo di essa che inevitabilmente varierà nel tempo (a meno di non utilizzare specifici accorgimenti e tecniche, sia durante l’esperienza che in seguito).
Il secondo problema è che, più spesso di quanto si creda, i nostri ricordi sono completamente falsi e dunque generano errori di ogni tipo.
Il terzo problema è che molte volte scambiamo per esperienza qualcosa che abbiamo solo immaginato di vivere. Se le nostre azioni seguiranno da questa (ulteriore) illusione, avremo la sensazione di agire in base a qualcosa che crediamo essere avvenuto ma non è in realtà avvenuto affatto!
Chiariamo il tutto con tre esempi relativi ai tre problemi (il secondo accaduto al sottoscritto e gli altri due a persone che conosco molto bene).
Il primo: una persona realizza in un lampo di consapevolezza la completa transitorietà ed illusorietà delle emozioni. Come conseguenza vive per un certo periodo in modo completamente “lucido” in riferimento ad esse ed inizia a comportarsi sulla base di questa consapevolezza. Le sue azioni sono incredibilmente focalizzate ed efficaci in quanto libere dall’emotivo. Nel tempo però questa visione oggettiva viene a cessare e viene sostituita dal ricordo di quando le emozioni erano davvero riconosciute come transitorie. Il ricordo dell’esperienza ha sostituito l’esperienza stessa. Le emozioni sono ancora riconosciute come illusorie ma a livello razionale. Peccato che “razionale” non significhi reale. Le emozioni hanno ricominciato a guidare l’operato della persona la quale era però assolutamente convinta del contrario. Un enorme passo avanti si è trasformato quasi completamente in un enorme passo indietro.
Il secondo: un mio amico d’infanzia abitava ad un indirizzo che ricordavo perfettamente. Un giorno, dopo diversi anni che non ci frequentavamo se non telefonicamente, mi trovai a passare davanti a casa sua. Parcheggiai e cercai il suo nome sul citofono per fargli una sorpresa; solo che la sorpresa la ebbi io nell’accorgermi che proprio a in quella casa abitava… una mia ex! Presi il telefono e chiamai l’amico, un po’ per dirgli della conicidenza ma soprattutto per chiedergli quale fosse il suo nuovo indirizzo. Lui mi risposte che abitava sempre nello stesso posto, a qualche isolato di distanza e che non aveva mai abitato dove ero io in quel momento. Il ricordo dell’indirizzo della ex aveva sostituito completamente quello del suo, al punto che quello che mi diede non lo ricordavo affatto.
Il terzo: una volta raccontai una mia “avventura” con una nostra compagna di classe ad un mio compagno del liceo. Pochi anni fa ci siamo ritrovati per caso e abbiamo deciso di cenare assieme. Durante la cena l’amico, con mia grandissima sorpresa, mi racconta della sua “avventura” con la medesima compagna di classe… raccontando sostanzialmente la stessa cosa avvenuta a me e spiegandomi come quel singolo episodio, a cui non era seguita una relazione stabile, gli avesse provocato per anni una grande “sofferenza d’amore”. Ricordo ancora che mi venne il dubbio di essere ammattito, ma feci finta di nulla. Il giorno dopo chiamai la ragazza, con cui ero rimasto in contatto, per verificare seppur con tatto e discrezione come fossero andate davvero le cose, ricevendo la conferma che l’avventura in questione era avvenuta con me e mai con il mio amico.
Il ricordo del mio racconto si era insediato nella sua memoria come esperienza davvero vissuta, determinando tutta una serie di comportamenti (e di sofferenze) che non avevano alcun motivo di esistere.
Noi esseri umani non viviamo quasi mai il presente. Siamo spesso preda dell’emotivo (e quindi viviamo nel passato) oppure della mente ordinaria (e quindi viviamo nel futuro).
Il problema è, come è facile immaginare, che il passato non c’è più e il futuro non c’è ancora, solo che non ce ne accorgiamo e finiamo per vivere il 99% del nostro tempo in una perenne “nuvola d’inesistenza” che chiamiamo “vita”.
Se oltre a tutto ciò non ci rendiamo conto di quanto la memoria sia il nostro vero demone personale, ci ritroviamo direttamente nella situazione del film Inception: un sogno dentro un altro sogno.
Per forza che poi succede di tutto!