Alimentare corpo, mente, emozioni
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Quando si arriva al momento di parlare di quella che dovrebbe essere l’alimentazione più corretta per un ricercatore, abitualmente scoppiano delle grandissime diatribe. Questo perchè si tende ad isolare l’argomento “alimentazione” all’esclusivo ambito fisico.
Invece si dovrebbe espandere il concetto per comprendere anche l’ambito emotivo e quello mentale. La nostra “macchina uomo” è composta da tutti e tre i sistemi, in stretta interconnessione ed è difficile parlare solamente di uno di essi.
In realtà solo per trattare l’aspetto relativo all’alimentazione del corpo fisico credo occorrerebbe un trattato. Però si può pensare in termini estremamente generalistici ed individuare alcune “linee guida” generali.
La prima cosa da tenere a mente è che in tutto occorre… equilibrio ma, soprattutto, avere il cervello connesso. Non si può pensare che esistano regole adatte a tutti, a qualunque momento e qualunque ambito. Il concetto di “regola generale” può avere una sua funzione, ma solo quando di prendano le masse nel loro insieme. Nell’istante in cui si inizia a parlare di “individui” sono profondamente convinto che le cose cambino radicalmente e debbano quindi essere considerate in modo individuale.
Partendo da questo concetto possiamo quindi elaborare le suddette “linee guida”. La cosa in realtà, per parlarne appunto in generale, è molto semplice: più si sta lontani da alimenti di origine animale e più il nostro corpo tenderà a raffinare la sua energia e le sue attività. Come diceva un famoso Maestro, l’alimentazione ideale per chi vuole completamente immergersi nella ricerca interiore è costituita da frutta, poca verdura e semi oleosi.
Ovvio che da qui, a sfondarsi di grigliate tutte le sere, c’è tutta una gamma di possibilità, necessità e tendenze da tenere assolutamente presenti. Questo sempre a causa della solita connessione tra le tre parti della macchina umana.
E a proposito di essa, possiamo parlare di quale sia l’alimentazione ideale per le nostre emozioni. Al di là dello stare alla larga dalle emozioni negative, per la mia esperienza quello che in assoluto sviluppa il perfetto cibo per il nostro emotivo è il dedicarsi a quelli che comunemente vengono descritti come “alti ideali”. La compassione, l’aiuto ed il soccorso al prossimo, l’amore… tutti ideali “alti”.
Non che ci sia nulla di male ad avere ideali di minore “levatura” ma è chiaro che se la nostra idea di vita perfetta è il pacchetto completo “casa – famiglia – auto – smartphone” è ovvio che le nostre emozioni stazioneranno a questo livello.
Se la nostra mira è quella di aiutare gli altri, dedicarci a lenire le sofferenze del prossimo e simili… ecco che la musica, ovviamente, non può che cambiare (lo ripeto: con tutto il rispetto per chi coltivi l’ideale di una vita tranquilla: prego si accomodi).
Non si può comunque parlare di cibo corretto per le emozioni senza parlare dello stesso aspetto riguardo il pensiero. Continuare a pensare in termini superficiali, limitando il nostro ragionamento a questioni di lavoro, avidità, denaro e quanto di più becero vi venga in mente, non porterà di certo allo sviluppo di un pensiero consono ad un emotivo superiore. E nel “non farlo”, si porterà con sé anche le emozioni, con conseguente “incartapecorimento” generale.
Tuttavia, se per dare da mangiare bene alle emozioni il processo può essere un po’ più complesso, per la mente ci sono mezzi molto semplici. Ad esempio: i libri. Ma non stiamo parlando di romanzi rosa d’appendice o di “50 sfumature di Gigio”, bensì di libri dotati di un contenuto. La filosofia antica, i grandi pensatori del passato, libri storici, per l’amore del cielo ma anche romanzi, purché con un senso. Leggere “Il gabbiano Johnathan Livingston” non può essere considerata la stessa esperienza dell’ultima opera di Totti (con tutto il rispetto per l’autore, si intende). Ma anche un buon film può essere un ottimo cibo per la mente: purché chiaramente abbia un senso come tale. Di certo la versione dell’ultima puntata di Avengers o de “Il Trono di Spade” non è la stessa cosa che vedere “Indovina chi viene a cena” o “Dune”.
Come è evidente, il modo per dare da mangiare del buon cibo a noi stessi c’è: anzi, ce n’è più d’uno.
E poi, naturalmente, c’è la pratica… e ne parleremo.