La mania di distruggere senza ricostruire

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E’ logi­co, e fa par­te dei pro­ces­si natu­ra­li: a vol­te è neces­sa­rio distrug­ge­re qual­co­sa per poter poi ripar­ti­re da zero e rico­strui­re. Vale in tut­ti i cam­pi, dal­la filo­so­fia alla poli­ti­ca, dal­la didat­ti­ca all’e­du­ca­zio­ne, al com­mer­cio etc. etc.

Tut­ta­via, quel­lo che secon­do me trop­po spes­so si osser­va, sui social, sul­le testa­te onli­ne, ma anche e, soprat­tut­to, nel­la vita quo­ti­dia­na, è la ten­den­za a distrug­ge­re gra­tui­ta­men­te, con cri­ti­che anche pesan­ti, sen­za sug­ge­ri­re o prov­ve­de­re a for­ni­re alternative.

Si vede sem­pre più fre­quen­te­men­te e pur­trop­po in modi sem­pre più bar­ba­ri, pesan­ti e vol­ga­ri: cri­ti­che fero­ci (a vol­te anche giu­sti­fi­ca­te ma mol­to più spes­so del tut­to immo­ti­va­te), vol­te esclu­si­va­men­te alla distru­zio­ne: di un con­cet­to, di un’i­dea, di un personaggio.

E’ un’at­ti­tu­di­ne sem­pre più svi­lup­pa­ta, odio­sa ed ini­qua, che dovreb­be esse­re stron­ca­ta il più pos­si­bi­le. Che sen­so ha cri­ti­ca­re qual­co­sa sen­za offri­re un’al­ter­na­ti­va? Che van­tag­gio por­ta demo­li­re a suon di insul­ti, spes­so anche per­so­na­li, un’o­pe­ra­to sen­za pro­dur­re al con­tem­po una moti­va­zio­ne a soste­gno del­le pro­prie cri­ti­che e, soprat­tut­to, sen­za pro­por­re una vali­da alter­na­ti­va? Nessuno.

E’ l’e­vo­lu­zio­ne del bim­bo vizia­to che, quan­do pic­co­lo, face­va i capric­ci per puro astio e vizio e che poi, cre­sciu­to, con­ti­nua nel­lo stes­so modo. Con la dif­fe­ren­za che il capric­cio di un bim­bo vizia­to al mas­si­mo ammor­ba lui stes­so (e i geni­to­ri) men­tre lo stes­so atteg­gia­men­to, por­ta­to da un adul­to sca­te­na imme­dia­ta­men­te rag­grup­pa­men­ti di per­so­ne che sem­bra­no espri­me­re un pare­re quan­do inve­ce non fan­no altro che col­le­gar­si al capric­cio­so in que­stio­ne con l’u­ni­co sco­po di “fare grup­po” e poter sfo­ga­re le pro­prie fru­stra­zio­ni appro­fit­tan­do del numero.

Un atteg­gia­men­to non solo vol­ga­re, imma­tu­ro e vile, ma anche e soprat­tut­to dan­no­so, dato che la gen­te media­men­te se la pren­de non con ciò che andreb­be cam­bia­to, quan­to con ciò che potreb­be pro­dur­re un cam­bia­men­to. E lo fa, appun­to, per vigliac­che­ria, per pau­ra di usci­re dal­lo sta­to pas­si­vo e iner­te in cui si trova.

Non dico che acca­da sem­pre, ma sicu­ra­men­te mol­to spes­so, con una fre­quen­za sem­pre maggiore.

E’ il gusto di distrug­ge­re sen­za costrui­re, di cri­ti­ca­re pur di appa­ri­re (e cri­ti­ca­re in modo ace­fa­li­co, mol­to spes­so con estre­ma aggres­si­vi­tà, anche solo ver­ba­le, cor­re­dan­do la cri­ti­ca ini­qua maga­ri anche con insul­ti per­so­na­li). E non stia­mo par­lan­do del­le cri­ti­che anche pesan­ti ma maga­ri giu­sti­fi­ca­te che si pos­so­no por­ta­re a qual­cu­no che ha pro­dot­to un atto discu­ti­bi­le; no, par­lo di que­gli attac­chi per­so­na­li che han­no come uni­co e pre­ci­puo sco­po quel­lo di fer­ma­re un cam­bia­men­to, giu­sto o sba­glia­to che sia, ma sen­za usa­re l’u­ni­co mez­zo leci­to per fare una cosa simi­le: la verità.

Oggi come oggi riten­go che, tra i tan­ti segni di pro­fon­da imma­tu­ri­tà e super­fi­cia­li­tà, sem­pre più dila­gan­ti, que­sto sia uno dei tan­ti ma anche dei più gravi.

Voglia­mo cri­ti­ca­re le idee, gli atti, le paro­le di qual­cu­no? Sacro­san­to! Ma fac­cia­mo­lo con argo­men­ti seri, con­grui e con­gruen­ti. Non con insul­ti graui­ti e vili, attac­chi per­so­na­li e vio­len­za verbale.

Si è visto fin trop­po spes­so in que­sti ulti­mi anni, ad esem­pio in cam­po poli­ti­co: le cri­ti­che costrut­ti­ve o anche solo cir­co­stan­zia­te era­no pochis­si­me, al con­fron­to con gli attac­chi per­so­na­li, maga­ri rivol­ti anche all’a­spet­to fisi­co di poli­ti­ci e poli­ti­can­ti, cor­re­da­ti da insul­ti ed espres­sio­ni di rab­bia e disprez­zo. Rara­men­te ho assi­sti­to a cri­ti­che vere, espres­se con con­te­nu­ti degni di que­sto nome, con cono­scen­za dei fat­ti di cui si par­la­va e del­le basi logi­che, civi­li o legi­sla­ti­ve da pren­de­re in esame.

Ma quel­lo poli­ti­co non è che un caso, per quan­to lam­pan­te. Quan­te vol­te si è sen­ti­to par­la­re dei cosid­det­ti “leo­ni da tastie­ra”, troll, haters etc. etc. sui social? Quel­lo del bul­li­smo non è un feno­me­no in impen­na­ta solo nel cam­po degli ado­le­scen­ti, ma anche e soprat­tut­to in quel­lo adul­to. Lo ripe­to: sia­mo di fron­te all’e­vo­lu­zio­ne del capric­cio, non del­la logi­ca e del­la capa­ci­tà di oppor­si ad un pen­sie­ro iniquo.

E non cre­do sia un caso: bul­lo da ado­le­scen­te, hater da adul­to. Non ti han­no edu­ca­to con i giu­sti mez­zi quan­do era il momen­to e que­sto è il risultato.

Ci si vede in giro!

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