Da poco terminato l’ultimo libro divulgativo sulla meccanica quantistica, (“La fisica dei perplessi” di Jim Al-Khalili), mi sono accorto di quanto siano comuni in questa particolare branca alcune affermazioni, in qualche modo trasversali ai vari autori.
Una su tutte è pressoché onnipresente: il fatto che le leggi della meccanica quantistica sollevino un sacco di dubbi e incredulità tra gli stessi ricercatori e quanto esse vengano alla fine applicate spesso senza che sia possibile comprenderne la natura intrinseca… però funzionano.
Credo che tutte queste “lamentele” e queste difficoltà sparirebbero nell’istante in cui si smettesse di cercare di misurare la realtà e si cercasse invece di realizzarla.
L’ambiente accademico scientifico è oggi in quasi tutti i campi profondamente intriso di un materialismo sempre più spinto, sempre più ossessionato dalla misura e sempre più disposto a creare un muro di fronte a ciò che non è misurabile. Al-Khalili stesso arriva a definire “ciarlatanate” il ben noto legame tra gemelli e persino i cani che percepiscono l’arrivo del padrone con un anticipo di parecchi minuti: entrambi fenomeni di cui non è possibile dubitare ma di cui lui, non potendo in nessun modo misurarli o spiegarli, arriva a negare l’esistenza stessa.
Sia chiaro: senza il sapere (ovvero in questo caso la capacità di dare una spiegazione ad alcune leggi e misurarne gli effetti), oggi saremmo ancora fermi alla tecnologia di oltre un secolo fa; non esisterebbero laser, computer, radar, radiotelescopi e un sacco di altra tecnologia il cui sviluppo ha preso il largo proprio grazie alla scoperta delle leggi che regolano il mondo quantistico ma proprio questo è forse quello che porta certi ricercatori a non comprendere che il sapere, in sé, non può portare a nessuna comprensione della natura intrinseca del mondo o del creato e persino dello stesso essere umano.
Il problema nasce nel momento in cui, distaccandosi progressivamente da quello che dell’essere umano materiale non è, si arriva a negarne l’esistenza sulla base di presupposti che sono, tra le altre cose, perfettamente in conflitto con quello stesso materialismo. Negare l’esistenza di qualcosa solo perchè non è possibile osservarla in qualche modo è un atto profondamente illogico, dogmatico ed antiscientifico persino per la scienza odierna. E’ lo stesso problema di sempre, e che pare contraddistinguere l’uomo in tutta la sua storia conosciuta: il muro ostruzionistico e dogmatico posto a difesa della roccaforte del proprio razionalismo o di ciò che viene dato per assodato.
Così Galileo dovette abiurare le proprie osservazioni di fronte ad una chiesa cattolica che più oscura non si può ma dalla parte della scienza ci vollero decenni di lotte per arrivare ad ammettere che le leggi di Newton non erano così universali come si riteneva.
Poi arrivarono in poche decine di anni personaggi come Pauli, Heisenberg, Schrodinger e compagnia quantistica varia e oggi siamo finalmente disposti ad ammettere che la realtà a livello quantistico perde le sue caratteristiche per come le abbiamo intese fino a poco fa (ma persino un luminare come Al-Khalili si rifiuta di ammettere che un cane possa percepire cose che sfuggono ai cinque sensi ordinari).
Chissà quanto occorrerà attendere prima che il sapere di oggi venga riconosciuto limitato come quello di Newton dopo qualche centinaio di anni… eppure succederà, perchè la storia dell’ignoranza umana continua a ripetersi in cerchi sempre più larghi ma fortemente autosimili.
Per tornare a quanto detto prima, uno dei problemi più grossi sta proprio nel fatto che l’uomo è oggi del tutto lontano dal concetto di “conoscenza” tant’è che spesso i due termini “sapere” e “conoscenza” vengono ritenuti sinonimi. Ma non lo sono: manco per il cavolo!
Come dice perfettamente il principe Ljubovedskij in “incontri con uomini straordinari”, la Conoscenza avviene quando nulla si frappone fra noi e ciò che conosciamo.
E’ un concetto straordinario, espresso in una frase estremamente sintetica che descrive però perfettamente l’unico vero strumento che l’uomo possiede per comprendere la realtà: la Conoscenza e inoltre, anche la consapevolezza
E’ grazie ad insegnamenti di questo tipo che si dovrebbe comprendere che esiste una possibilità di “percezione”, completamente al di fuori degli ordinari stati di coscienza che è al momento sempre più sconosciuta e sempre meno utilizzata.
Nella fisica quantistica, non possiamo conoscere con precisione e nello stesso momento la quantità di moto e la posizione di una particella in quanto il processo stesso di misurazione interviene a modificare la caratteristica opposta ma, nella vera consapevolezza, tutto ciò è perfettamente chiaro e noto, perchè nell’istante in cui arriviamo al livello di coscienza sufficiente, le leggi che regolano questo universo divengono perfettamente chiare.
Sempre per stare in questo ambito, il cosiddetto paradosso del gatto di Schroedinger (che nell’esperimento virtuale in questione sarebbe contemporaneamente vivo e morto), per un allievo Zen non esiste proprio. Il gatto è il gatto. Punto. L’esperimento di Schroedinger cessa di essere qualcosa di reale nell’istante stesso in cui lo si pone alla mente, dato che non possiamo metterlo in atto, perchè fa riferimento a qualcosa di non reale. Molto probabilmente un Maestro Zen chiamato a risolvere lo stesso dilemma risponderebbe in altro modo (forse dicendo con un sorriso qualcosa tipo: “Ah si? E quindi?”) ma sta di fatto che la Meditazione che, come stato di coscienza “altro” da quello ordinario porta proprio a questo, è lo strumento principe di quella che nel linguaggio esoterico viene definita “Conoscenza”. Alla fine presumibilmente è proprio nel linguaggio che sta il problema: il termine stesso viene confuso con uno strumento mentale, sia che si parli di consapevolezza che di conoscenza, ma in realtà quello che viene utilizzato sia in un caso che nell’altro non ha nulla a che vedere con la mente.
Nella condizione di Meditazione, per quanto in modo progressivo, appare inequivocabile la realtà per come è. Fintanto che ci ostiniamo a volerla misurare non arriveremo mai alla verità e, quando ci troveremo di fronte ad essa, non potremo riconoscerla come tale perchè la mente, per quanto affinata dalla matematica più sopraffina, non ne può cogliere la natura più profonda.
Esiste una matematica incredibile nella realtà. Ma non è quella che abbiamo usato finora e, soprattutto, non è qualcosa che la mente ordinaria possa utilizzare.
Forse, se l’umanità sopravviverà a sé stessa abbastanza a lungo (cosa di cui comincio seriamente a dubitare), arriverà a scoprire quella matematica. Ma a quel punto, non la chiamerà più così.
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Meditazione, materialismo scientifico e meccanica quantistica
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Da poco terminato l’ultimo libro divulgativo sulla meccanica quantistica, (“La fisica dei perplessi” di Jim Al-Khalili), mi sono accorto di quanto siano comuni in questa particolare branca alcune affermazioni, in qualche modo trasversali ai vari autori.
Una su tutte è pressoché onnipresente: il fatto che le leggi della meccanica quantistica sollevino un sacco di dubbi e incredulità tra gli stessi ricercatori e quanto esse vengano alla fine applicate spesso senza che sia possibile comprenderne la natura intrinseca… però funzionano.
Credo che tutte queste “lamentele” e queste difficoltà sparirebbero nell’istante in cui si smettesse di cercare di misurare la realtà e si cercasse invece di realizzarla.
L’ambiente accademico scientifico è oggi in quasi tutti i campi profondamente intriso di un materialismo sempre più spinto, sempre più ossessionato dalla misura e sempre più disposto a creare un muro di fronte a ciò che non è misurabile. Al-Khalili stesso arriva a definire “ciarlatanate” il ben noto legame tra gemelli e persino i cani che percepiscono l’arrivo del padrone con un anticipo di parecchi minuti: entrambi fenomeni di cui non è possibile dubitare ma di cui lui, non potendo in nessun modo misurarli o spiegarli, arriva a negare l’esistenza stessa.
Sia chiaro: senza il sapere (ovvero in questo caso la capacità di dare una spiegazione ad alcune leggi e misurarne gli effetti), oggi saremmo ancora fermi alla tecnologia di oltre un secolo fa; non esisterebbero laser, computer, radar, radiotelescopi e un sacco di altra tecnologia il cui sviluppo ha preso il largo proprio grazie alla scoperta delle leggi che regolano il mondo quantistico ma proprio questo è forse quello che porta certi ricercatori a non comprendere che il sapere, in sé, non può portare a nessuna comprensione della natura intrinseca del mondo o del creato e persino dello stesso essere umano.
Il problema nasce nel momento in cui, distaccandosi progressivamente da quello che dell’essere umano materiale non è, si arriva a negarne l’esistenza sulla base di presupposti che sono, tra le altre cose, perfettamente in conflitto con quello stesso materialismo. Negare l’esistenza di qualcosa solo perchè non è possibile osservarla in qualche modo è un atto profondamente illogico, dogmatico ed antiscientifico persino per la scienza odierna. E’ lo stesso problema di sempre, e che pare contraddistinguere l’uomo in tutta la sua storia conosciuta: il muro ostruzionistico e dogmatico posto a difesa della roccaforte del proprio razionalismo o di ciò che viene dato per assodato.
Così Galileo dovette abiurare le proprie osservazioni di fronte ad una chiesa cattolica che più oscura non si può ma dalla parte della scienza ci vollero decenni di lotte per arrivare ad ammettere che le leggi di Newton non erano così universali come si riteneva.
Poi arrivarono in poche decine di anni personaggi come Pauli, Heisenberg, Schrodinger e compagnia quantistica varia e oggi siamo finalmente disposti ad ammettere che la realtà a livello quantistico perde le sue caratteristiche per come le abbiamo intese fino a poco fa (ma persino un luminare come Al-Khalili si rifiuta di ammettere che un cane possa percepire cose che sfuggono ai cinque sensi ordinari).
Chissà quanto occorrerà attendere prima che il sapere di oggi venga riconosciuto limitato come quello di Newton dopo qualche centinaio di anni… eppure succederà, perchè la storia dell’ignoranza umana continua a ripetersi in cerchi sempre più larghi ma fortemente autosimili.
Per tornare a quanto detto prima, uno dei problemi più grossi sta proprio nel fatto che l’uomo è oggi del tutto lontano dal concetto di “conoscenza” tant’è che spesso i due termini “sapere” e “conoscenza” vengono ritenuti sinonimi. Ma non lo sono: manco per il cavolo!
Come dice perfettamente il principe Ljubovedskij in “incontri con uomini straordinari”, la Conoscenza avviene quando nulla si frappone fra noi e ciò che conosciamo.
E’ un concetto straordinario, espresso in una frase estremamente sintetica che descrive però perfettamente l’unico vero strumento che l’uomo possiede per comprendere la realtà: la Conoscenza e inoltre, anche la consapevolezza
E’ grazie ad insegnamenti di questo tipo che si dovrebbe comprendere che esiste una possibilità di “percezione”, completamente al di fuori degli ordinari stati di coscienza che è al momento sempre più sconosciuta e sempre meno utilizzata.
Nella fisica quantistica, non possiamo conoscere con precisione e nello stesso momento la quantità di moto e la posizione di una particella in quanto il processo stesso di misurazione interviene a modificare la caratteristica opposta ma, nella vera consapevolezza, tutto ciò è perfettamente chiaro e noto, perchè nell’istante in cui arriviamo al livello di coscienza sufficiente, le leggi che regolano questo universo divengono perfettamente chiare.
Sempre per stare in questo ambito, il cosiddetto paradosso del gatto di Schroedinger (che nell’esperimento virtuale in questione sarebbe contemporaneamente vivo e morto), per un allievo Zen non esiste proprio. Il gatto è il gatto. Punto. L’esperimento di Schroedinger cessa di essere qualcosa di reale nell’istante stesso in cui lo si pone alla mente, dato che non possiamo metterlo in atto, perchè fa riferimento a qualcosa di non reale. Molto probabilmente un Maestro Zen chiamato a risolvere lo stesso dilemma risponderebbe in altro modo (forse dicendo con un sorriso qualcosa tipo: “Ah si? E quindi?”) ma sta di fatto che la Meditazione che, come stato di coscienza “altro” da quello ordinario porta proprio a questo, è lo strumento principe di quella che nel linguaggio esoterico viene definita “Conoscenza”. Alla fine presumibilmente è proprio nel linguaggio che sta il problema: il termine stesso viene confuso con uno strumento mentale, sia che si parli di consapevolezza che di conoscenza, ma in realtà quello che viene utilizzato sia in un caso che nell’altro non ha nulla a che vedere con la mente.
Nella condizione di Meditazione, per quanto in modo progressivo, appare inequivocabile la realtà per come è. Fintanto che ci ostiniamo a volerla misurare non arriveremo mai alla verità e, quando ci troveremo di fronte ad essa, non potremo riconoscerla come tale perchè la mente, per quanto affinata dalla matematica più sopraffina, non ne può cogliere la natura più profonda.
Esiste una matematica incredibile nella realtà. Ma non è quella che abbiamo usato finora e, soprattutto, non è qualcosa che la mente ordinaria possa utilizzare.
Forse, se l’umanità sopravviverà a sé stessa abbastanza a lungo (cosa di cui comincio seriamente a dubitare), arriverà a scoprire quella matematica. Ma a quel punto, non la chiamerà più così.
Ci si vede in giro!
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