Mi è capitato qualche giorno fa di assistere ai discorsi di quattro ragazzi, approssimativamente sui 20 anni, seduti su una panchina in un parco dove mi ero fermato.
A prescindere dal fatto che alcuni degli argomenti di conversazione mi hanno fatto sorridere per svariati motivi, incuriosito da queste persone ho voluto sondarle un pochettino mediante l’uso di quella sensibilità che ritengo dovrebbe essere un comune mezzo di interazione.
In modo particolare sono rimasto colpito da uno dei componenti del quartetto che, evidentemente colpito da una qualche sorta di dramma amoroso familiare (tipo padre che molla la madre per andare con un’altra donna), evidentemente si riteneva dotato di una qualche sorta di saggezza, cosa che enunciava sia nel linguaggio del corpo che in quello emotivo, per non parlare dei pensieri e delle parole con cui interagiva con gli altri tre.
Dopo qualche minuto di ascolto era chiaro che l’intuizione originale veniva confermata non solo dagli atteggiamenti reciproci ma dalle affermazioni della persona in questione, la quale sembrava davvero convinta di essere in possesso di grande saggezza, proprio a causa della “tragedia” che l’aveva investita.
Tralasciando gli aspetti teatrali dell’atteggiamento adottato (non voglio proprio entrare nella diatriba sulla reciproca interazione ma vi assicuro che tra tutti e quattro mettevano in scena una piece da manuale), quello che mi ha colpito è stato proprio come la risonanza emotiva di un evento avverso, che sempre dà ovviamente una qualche profondità di qualche tipo, in quanto vissuta in modo relativo (e quindi in rapporto ai presenti), convinceva la persona di cui sopra di essere in possesso di sopraffina saggezza, al punto da convincerla evidentemente di essere poco meno che illuminata.
Detta così può sembrare brutta ma in realtà è ancora peggio. Le persone oggi sono così superficiali nei concetti, nella cognizione e nelle relazioni, da scambiare una minima profondità acquisita per il punto di arrivo.
La realtà è che qualunque sofferenza, per quanto grande, non crea saggezza, fintanto che non la trascendi (ovvero, attenzione al termine, fintanto che non ti ci sei del tutto calato in mezzo e poi uscito dall’altra parte) e, anche allora, quelllo che crea è maturità umana, al massimo. La saggezza è ben altra cosa.
Ma in questo mondo ormai completamente cieco in cui l’orbo è un re, a quanto pare anche solo un decimo di vista da parte dell’unico occhio funzionante viene scambiato per lungimiranza divina, il tutto, se possibile, pure in modo del tutto inconsapevole.
Non è la prima volta che mi trovo ad osservare giovani adulti ma quello che sempre più spesso trovo è un vuoto che lascia l’amaro in bocca. Non faccio ovviamente di tutta l’erba un fascio, assolutamente no, tuttavia la frequenza comincia ad essere allarmante.
E se nella fascia 15 – 18 anni può anche non essere così straordinario, in quelle successive invece diventa apocalittico. E parallelamente al vuoto, da qualche parte in profondità di questi giovani, si trova una terribile sofferenza: quella di avere dei valori di vita sempre più superficiali al punto che la vita stessa risulta poi basata su un coacervo di grandezze del tutto inique, soggettive e terribilmente inutili. Ma si tratta di una sofferenza del tutto inconscia ed inconsapevole, ben sprofondata al fondo dell’ID. Quando ne emerge, lo fa in modo indifferenziato, quasi una manifestazione primordiale, e i risultati credo siano noti. Dal suicidio all’atto dannoso per gli altri, senza la minima traccia di ragione, vediamo tutti quanto sia sempre più frequente lo shock per atti inconsulti giovanili.
Qui c’è un enorme problema ma non è solo a carico delle generazioni recenti; è un processo iniziato da molti decenni grazie al quale la superficializzazione e la corruzione dell’intelletto sono arrivati oggi all’evidente quanto monumentale ampiezza.
In più oggi un genitore, quando anche avesse la volontà e la consapevolezza per opporsi, si troverebbe a confrontarsi con una realtà sociale completamente devastata che però esercita una pressione incredibilmente forte sulle giovani menti. Quanti ragazzi dotati di sensibilità, capacità di ragionamento, profondità, si trovano a dover andare in terapia? Tantissimi! E ci si ritrovano perchè in questa società sempre più malata, corrotta e demotivata, nell’istante in cui manifesti la tua individualità, ti trovi immediatamente ostracizzato da una maggioranza che vuole l’omologazione, il pensiero unico, la morale becera e i valori assurdi che ormai tutti conosciamo. Così il giovane (peraltro non così comune da trovare) che sviluppa sé stesso si trova a dover combattere: per la propria libertà di crescita, per il proprio essere unico, per tutte quelle cose che già rappresentano una sfida estremamente ardua in sé stesse ma che, di fronte all’opposizione dell’ambiente sociale odierno, diventano quasi impossibilità. E a 20 anni non hai, se non in casi sempre più rari, la struttura interiore per valicare la montagna di carogneria che i tuoi simili ti accumulano davanti ad ogni passo che non vada nella direzione da loro seguita.
E’ anche (ma ritengo soprattutto) per questo che sempre più ragazzi e ragazze si trovano a finire in terapia. E in un mondo in cui la terapia spesso significa assuzione di farmaci, anche questa non è una strada che porta alla risoluzione, anche se, grazie a Dio, di specialisti in gamba se ne trovano, pur se sempre più rari.
Vale la pena, credo, crescere rapidamente come genitori per poter dare a sé stessi ma soprattutto ai propri figli degli strumenti interiori, cognitivi e comportamentali che consentano di sopravvivere a questo mondo che sempre più porta alla morte interiore e, purtroppo, spesso anche al danno fisico, anche terminale.
Trovate il coraggio di guardarvi allo specchio e di farvi venire i giusti dubbi! Non abbiate vergogna di chiedere aiuto a qualcuno che si occupa di interiore: se è una persona a modo, non vi giudicherà mai, ma cercherà di fornirvi dei mezzi per risolvere quei dubbi da voi stessi, in modo che possiate fare lo stesso con chi amate.
Come diceva Gandhi: fate di voi stessi l’esempio di ciò che vorreste che fosse il mondo.
Non ciò che questo mondo ormai al delirio vuole che siate.
Ci si vede in giro!
Sofferenza, saggezza e crescere dentro
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Mi è capitato qualche giorno fa di assistere ai discorsi di quattro ragazzi, approssimativamente sui 20 anni, seduti su una panchina in un parco dove mi ero fermato.
A prescindere dal fatto che alcuni degli argomenti di conversazione mi hanno fatto sorridere per svariati motivi, incuriosito da queste persone ho voluto sondarle un pochettino mediante l’uso di quella sensibilità che ritengo dovrebbe essere un comune mezzo di interazione.
In modo particolare sono rimasto colpito da uno dei componenti del quartetto che, evidentemente colpito da una qualche sorta di dramma amoroso familiare (tipo padre che molla la madre per andare con un’altra donna), evidentemente si riteneva dotato di una qualche sorta di saggezza, cosa che enunciava sia nel linguaggio del corpo che in quello emotivo, per non parlare dei pensieri e delle parole con cui interagiva con gli altri tre.
Dopo qualche minuto di ascolto era chiaro che l’intuizione originale veniva confermata non solo dagli atteggiamenti reciproci ma dalle affermazioni della persona in questione, la quale sembrava davvero convinta di essere in possesso di grande saggezza, proprio a causa della “tragedia” che l’aveva investita.
Tralasciando gli aspetti teatrali dell’atteggiamento adottato (non voglio proprio entrare nella diatriba sulla reciproca interazione ma vi assicuro che tra tutti e quattro mettevano in scena una piece da manuale), quello che mi ha colpito è stato proprio come la risonanza emotiva di un evento avverso, che sempre dà ovviamente una qualche profondità di qualche tipo, in quanto vissuta in modo relativo (e quindi in rapporto ai presenti), convinceva la persona di cui sopra di essere in possesso di sopraffina saggezza, al punto da convincerla evidentemente di essere poco meno che illuminata.
Detta così può sembrare brutta ma in realtà è ancora peggio. Le persone oggi sono così superficiali nei concetti, nella cognizione e nelle relazioni, da scambiare una minima profondità acquisita per il punto di arrivo.
La realtà è che qualunque sofferenza, per quanto grande, non crea saggezza, fintanto che non la trascendi (ovvero, attenzione al termine, fintanto che non ti ci sei del tutto calato in mezzo e poi uscito dall’altra parte) e, anche allora, quelllo che crea è maturità umana, al massimo. La saggezza è ben altra cosa.
Ma in questo mondo ormai completamente cieco in cui l’orbo è un re, a quanto pare anche solo un decimo di vista da parte dell’unico occhio funzionante viene scambiato per lungimiranza divina, il tutto, se possibile, pure in modo del tutto inconsapevole.
Non è la prima volta che mi trovo ad osservare giovani adulti ma quello che sempre più spesso trovo è un vuoto che lascia l’amaro in bocca. Non faccio ovviamente di tutta l’erba un fascio, assolutamente no, tuttavia la frequenza comincia ad essere allarmante.
E se nella fascia 15 – 18 anni può anche non essere così straordinario, in quelle successive invece diventa apocalittico. E parallelamente al vuoto, da qualche parte in profondità di questi giovani, si trova una terribile sofferenza: quella di avere dei valori di vita sempre più superficiali al punto che la vita stessa risulta poi basata su un coacervo di grandezze del tutto inique, soggettive e terribilmente inutili. Ma si tratta di una sofferenza del tutto inconscia ed inconsapevole, ben sprofondata al fondo dell’ID. Quando ne emerge, lo fa in modo indifferenziato, quasi una manifestazione primordiale, e i risultati credo siano noti. Dal suicidio all’atto dannoso per gli altri, senza la minima traccia di ragione, vediamo tutti quanto sia sempre più frequente lo shock per atti inconsulti giovanili.
Qui c’è un enorme problema ma non è solo a carico delle generazioni recenti; è un processo iniziato da molti decenni grazie al quale la superficializzazione e la corruzione dell’intelletto sono arrivati oggi all’evidente quanto monumentale ampiezza.
In più oggi un genitore, quando anche avesse la volontà e la consapevolezza per opporsi, si troverebbe a confrontarsi con una realtà sociale completamente devastata che però esercita una pressione incredibilmente forte sulle giovani menti. Quanti ragazzi dotati di sensibilità, capacità di ragionamento, profondità, si trovano a dover andare in terapia? Tantissimi! E ci si ritrovano perchè in questa società sempre più malata, corrotta e demotivata, nell’istante in cui manifesti la tua individualità, ti trovi immediatamente ostracizzato da una maggioranza che vuole l’omologazione, il pensiero unico, la morale becera e i valori assurdi che ormai tutti conosciamo. Così il giovane (peraltro non così comune da trovare) che sviluppa sé stesso si trova a dover combattere: per la propria libertà di crescita, per il proprio essere unico, per tutte quelle cose che già rappresentano una sfida estremamente ardua in sé stesse ma che, di fronte all’opposizione dell’ambiente sociale odierno, diventano quasi impossibilità. E a 20 anni non hai, se non in casi sempre più rari, la struttura interiore per valicare la montagna di carogneria che i tuoi simili ti accumulano davanti ad ogni passo che non vada nella direzione da loro seguita.
E’ anche (ma ritengo soprattutto) per questo che sempre più ragazzi e ragazze si trovano a finire in terapia. E in un mondo in cui la terapia spesso significa assuzione di farmaci, anche questa non è una strada che porta alla risoluzione, anche se, grazie a Dio, di specialisti in gamba se ne trovano, pur se sempre più rari.
Vale la pena, credo, crescere rapidamente come genitori per poter dare a sé stessi ma soprattutto ai propri figli degli strumenti interiori, cognitivi e comportamentali che consentano di sopravvivere a questo mondo che sempre più porta alla morte interiore e, purtroppo, spesso anche al danno fisico, anche terminale.
Trovate il coraggio di guardarvi allo specchio e di farvi venire i giusti dubbi! Non abbiate vergogna di chiedere aiuto a qualcuno che si occupa di interiore: se è una persona a modo, non vi giudicherà mai, ma cercherà di fornirvi dei mezzi per risolvere quei dubbi da voi stessi, in modo che possiate fare lo stesso con chi amate.
Come diceva Gandhi: fate di voi stessi l’esempio di ciò che vorreste che fosse il mondo.
Non ciò che questo mondo ormai al delirio vuole che siate.
Ci si vede in giro!
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