E’ incredibile la quantità folle di luoghi comuni che sono diventati verità assolute incontovertibili, non perchè fossero veri ma semplicemente perchè una quantità sufficiente di persone li ha ritenuti tali nel corso del tempo.
“Il lavoro nobilita l’uomo”, frase attribuita probabilmente a Darwin, è una di queste.
Cominciamo dal significato (quello letterale e quello percepito): “Lavoro: applicazione di una energia al conseguimento di un fine determinato”. E anche “Nobile: da ‘notabile’, ovvero insigne, illustre”.
Questi i significati letterali. Quelli percepiti sono invece Lavoro: quello che facciamo per guadagnare denaro. Nobile: superiore, migliore di chi non lo è.
Da qui la frase “Il lavoro nobilita l’uomo” viene percepita con il significato: “Lavorare per guadagnare denaro rende l’uomo migliore di chi non lo fa”.
Il lavoro non nobilita proprio nessuno, tranne quando si tratta di uno sforzo o supersforzo consapevolmente diretto al superamento di un limite o comunque alla trascendenza della propria condizione, in direzione evolutiva.
Qualunque altro lavoro non nobilita chi lo compie, può essere indispensabile per la sopravvivenza e al massimo gratifica, che non è affatto la stessa cosa. Alcune azioni nobilitano, altre fanno sentire nobilitati. Ciò che davvero accade all’interno di quello che chiamiamo realtà e ciò che le persone pensano che accada non è la stessa cosa. Per chiarire con pochi esempi: quando diamo del denaro a chi ne ha bisogno, ci sentiamo meglio, ma non diventiamo migliori: lo eravamo già e per questo abbiamo dato quel denaro.
Quando alla fine di una giornata di lavoro ci sentiamo soddisfatti per quello che abbiamo fatto, ne siamo gratificati. La nostra nobiltà non si è mossa di un millimetro.
Quando un medico cura e guarisce una persona, ha fatto una bella cosa, si sentirà di aver fatto quello che doveva. Ma se da questo non estrapola un insegnamento che lo renda migliore all’interno, non sarà diventato più nobile.
Il contadino che passa la giornata a contatto con la terra e gli elementi, presumibilmente con una fatica improba, può crescere in saggezza se dotato di sufficiente spririto di osservazione ed evoluzione, altrimenti semplicemente si è dedicato al suo lavoro che gli permette di vivere.
L’uomo ha bisogno di “fare”, su questo non c’è dubbio, è disegnato per l’azione. Quello che non si considera è che tale azione dovrebbe essere volta in una direzione specifica: l’evoluzione interiore tramite la sperimentazione delle umane vicende (fino al punto in cui non diventa necessario “altro”), inclusi i piaceri, ovviamente.
Anche che la sopravvivenza dipenda da una serie di azioni è fuori da ogni dubbio.
Ma tra questo e il concetto attuale di lavoro, vi è una distanza enorme grazia alla quale oggi la maggior parte degli esseri umani “civilizzati” è in raltà schiava. Siamo schiavi del dover guadagnare per vivere. Siamo schiavi del dover lavorare per qualcun altro a cui vanno i benefici delle nostre fatiche in cambio di una quantità di denaro che ci permetta di incedere nelle nostre schiavitù. L’imprenditore che impiega decine di lavoratori gode di benefici ottenuti dalla somma delle azioni di quelle decine di lavoratori che da lui dipendono.
Appunto: “dipendono”. La dipendenza da qualcosa (o da qualcuno come in questo caso) non è una cosa positiva. Certo, se sei dipendente dall’eroina è sicuramente peggio che dipendere da un’azienda. Ma sempre di dipendenza trattasi: non puoi farne a meno.
Oggi noi diamo per scontato il lavoro come fonte di guadagno indispensabile alla nostra sopravvivenza. E per come è strutturata la società occidentale, è senz’altro vero. Ma un conto è lavorare per vivere, un altro è vivere per lavorare.
Un multimiliardario come Elon Musk afferma tranquillamente e con orgoglio che la sua giornata lavorativa è di 20 ore al giorno. Presumibilmente sopporta la cosa perchè il lavoro per lui è fonte di piacere. Ma questo non gli impedisce di tentare di imporre lo stesso ritmo ai dipendenti di Twitter (i quali, evidentemente più saggi di lui, lo hanno mandato a stendere in massa).
Se siamo nati in Occidente, difficilmente potremo esulare dalla logica distorta del lavoro ma una cosa è essere consapevoli che stiamo facendo qualcosa per poterci permettere ciò che amiamo, altra cosa è essere convinti che questo sia esattamente quello che dovrebbe essere.
Io non so quando sia cominciata questa minchiata pazzesca ma una cosa è certa: non nobilita nessuno, per quanto figo sia il lavoro che fate per vivere. Quello che vi può nobilitare è il lavoro che fate su voi stessi per superarvi ogni istante rispetto a quello precedente.
Quello che può nobilitarvi è quando lavorate per modificare, contenere o diminuire le assurdità di questa umanità sempre più corrotta.
Quello che può nobilitarvi è lavorare per gli altri ma non nel senso di essere dipendenti di qualcuno. Esattamente il contrario: lavorare perchè altri possano avere un miglioramento nella propria vita.
Quello che può nobilitarvi è prendere sulle vostre spalle la sofferenza altrui per lenirne il peso, altrimenti detta: “compassione” (che quindi non ha nulla a che vedere con la cazzata moralistica con cui si intende oggi questo termine).
Attenti a dare per scontata la vostra vita: correte il rischio di vederla scorrere assieme all’acqua dello sciacquone.
Ci si vede in giro!
Il lavoro nobilita l’uomo: dipende da quale lavoro.
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E’ incredibile la quantità folle di luoghi comuni che sono diventati verità assolute incontovertibili, non perchè fossero veri ma semplicemente perchè una quantità sufficiente di persone li ha ritenuti tali nel corso del tempo.
“Il lavoro nobilita l’uomo”, frase attribuita probabilmente a Darwin, è una di queste.
Cominciamo dal significato (quello letterale e quello percepito): “Lavoro: applicazione di una energia al conseguimento di un fine determinato”. E anche “Nobile: da ‘notabile’, ovvero insigne, illustre”.
Questi i significati letterali. Quelli percepiti sono invece Lavoro: quello che facciamo per guadagnare denaro. Nobile: superiore, migliore di chi non lo è.
Da qui la frase “Il lavoro nobilita l’uomo” viene percepita con il significato: “Lavorare per guadagnare denaro rende l’uomo migliore di chi non lo fa”.
Il lavoro non nobilita proprio nessuno, tranne quando si tratta di uno sforzo o supersforzo consapevolmente diretto al superamento di un limite o comunque alla trascendenza della propria condizione, in direzione evolutiva.
Qualunque altro lavoro non nobilita chi lo compie, può essere indispensabile per la sopravvivenza e al massimo gratifica, che non è affatto la stessa cosa. Alcune azioni nobilitano, altre fanno sentire nobilitati. Ciò che davvero accade all’interno di quello che chiamiamo realtà e ciò che le persone pensano che accada non è la stessa cosa. Per chiarire con pochi esempi: quando diamo del denaro a chi ne ha bisogno, ci sentiamo meglio, ma non diventiamo migliori: lo eravamo già e per questo abbiamo dato quel denaro.
Quando alla fine di una giornata di lavoro ci sentiamo soddisfatti per quello che abbiamo fatto, ne siamo gratificati. La nostra nobiltà non si è mossa di un millimetro.
Quando un medico cura e guarisce una persona, ha fatto una bella cosa, si sentirà di aver fatto quello che doveva. Ma se da questo non estrapola un insegnamento che lo renda migliore all’interno, non sarà diventato più nobile.
Il contadino che passa la giornata a contatto con la terra e gli elementi, presumibilmente con una fatica improba, può crescere in saggezza se dotato di sufficiente spririto di osservazione ed evoluzione, altrimenti semplicemente si è dedicato al suo lavoro che gli permette di vivere.
L’uomo ha bisogno di “fare”, su questo non c’è dubbio, è disegnato per l’azione. Quello che non si considera è che tale azione dovrebbe essere volta in una direzione specifica: l’evoluzione interiore tramite la sperimentazione delle umane vicende (fino al punto in cui non diventa necessario “altro”), inclusi i piaceri, ovviamente.
Anche che la sopravvivenza dipenda da una serie di azioni è fuori da ogni dubbio.
Ma tra questo e il concetto attuale di lavoro, vi è una distanza enorme grazia alla quale oggi la maggior parte degli esseri umani “civilizzati” è in raltà schiava. Siamo schiavi del dover guadagnare per vivere. Siamo schiavi del dover lavorare per qualcun altro a cui vanno i benefici delle nostre fatiche in cambio di una quantità di denaro che ci permetta di incedere nelle nostre schiavitù. L’imprenditore che impiega decine di lavoratori gode di benefici ottenuti dalla somma delle azioni di quelle decine di lavoratori che da lui dipendono.
Appunto: “dipendono”. La dipendenza da qualcosa (o da qualcuno come in questo caso) non è una cosa positiva. Certo, se sei dipendente dall’eroina è sicuramente peggio che dipendere da un’azienda. Ma sempre di dipendenza trattasi: non puoi farne a meno.
Oggi noi diamo per scontato il lavoro come fonte di guadagno indispensabile alla nostra sopravvivenza. E per come è strutturata la società occidentale, è senz’altro vero. Ma un conto è lavorare per vivere, un altro è vivere per lavorare.
Un multimiliardario come Elon Musk afferma tranquillamente e con orgoglio che la sua giornata lavorativa è di 20 ore al giorno. Presumibilmente sopporta la cosa perchè il lavoro per lui è fonte di piacere. Ma questo non gli impedisce di tentare di imporre lo stesso ritmo ai dipendenti di Twitter (i quali, evidentemente più saggi di lui, lo hanno mandato a stendere in massa).
Se siamo nati in Occidente, difficilmente potremo esulare dalla logica distorta del lavoro ma una cosa è essere consapevoli che stiamo facendo qualcosa per poterci permettere ciò che amiamo, altra cosa è essere convinti che questo sia esattamente quello che dovrebbe essere.
Io non so quando sia cominciata questa minchiata pazzesca ma una cosa è certa: non nobilita nessuno, per quanto figo sia il lavoro che fate per vivere. Quello che vi può nobilitare è il lavoro che fate su voi stessi per superarvi ogni istante rispetto a quello precedente.
Quello che può nobilitarvi è quando lavorate per modificare, contenere o diminuire le assurdità di questa umanità sempre più corrotta.
Quello che può nobilitarvi è lavorare per gli altri ma non nel senso di essere dipendenti di qualcuno. Esattamente il contrario: lavorare perchè altri possano avere un miglioramento nella propria vita.
Quello che può nobilitarvi è prendere sulle vostre spalle la sofferenza altrui per lenirne il peso, altrimenti detta: “compassione” (che quindi non ha nulla a che vedere con la cazzata moralistica con cui si intende oggi questo termine).
Attenti a dare per scontata la vostra vita: correte il rischio di vederla scorrere assieme all’acqua dello sciacquone.
Ci si vede in giro!
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