Come la Meditazione può cambiare pensiero, percezione e azioni. Parte 1

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Tem­po fa scris­si un post in cui spie­ga­vo come fos­se pos­si­bi­le che una tec­ni­ca respi­ra­to­ria por­tas­se ad un cam­bia­men­to com­por­ta­men­ta­le (se vole­te lo tro­va­te QUI).

Le tec­ni­che respi­ra­to­rie sono in effet­ti la quin­tes­sen­za del cam­mi­no “tec­ni­co”: sen­za di esse è mol­to più dif­fi­ci­le arri­va­re a spe­ri­men­ta­re deter­mi­na­ti sta­ti, tut­ta­via l’in­te­ro cor­pus dei Pra­na­ya­ma, pur aven­do come sco­po prin­ci­pa­le la vei­co­la­zio­ne ener­ge­ti­ca gui­da­ta attra­ver­so i cor­pi, a sua vol­ta ha del­le fina­li­tà che pos­so­no esse­re di vol­ta in vol­ta diver­se: ad esem­pio il poten­zia­men­to di un orga­no, o di un sen­so. Per alcu­ni sono la Via mae­stra per arri­va­re alla mani­fe­sta­zio­ne dei cosid­det­ti Sid­d­hi, o “pote­ri”, men­tre per altri pos­so­no esse­re anco­ra diver­si, come l’in­stau­rar­si di uno sta­to di cal­ma, di luci­di­tà, oppu­re anco­ra di con­sa­pe­vo­lez­za, pre­sen­za etc. etc.

Come è faci­le intui­re, la pra­ti­ca dei Pra­na­ya­ma è di fat­to la base di una cre­sci­ta inte­rio­re. Ma vi è un altro aspet­to di cui par­la­re, che è quel­lo rela­ti­vo alla Medi­ta­zio­ne in sé stessa.

Come ho già det­to e ripe­tu­to diver­se vol­te, la Medi­ta­zio­ne è uno sta­to, non una tec­ni­ca. Quin­di quan­do vi con­cen­tra­te su qual­co­sa, oppu­re pra­ti­ca­te un Man­tra o un qua­lun­que altro atto volon­ta­rio… beh, non sta­te pra­ti­can­do alcu­na Medi­ta­zio­ne ma una del­le tan­tis­si­me cosid­det­te “tec­ni­che medi­ta­ti­ve” le qua­li, pur por­tan­do ver­so lo sta­to medi­ta­ti­vo pro­pria­men­te det­to, non sono con esso coin­ci­den­ti. Tan­to per cam­bia­re, in que­sto caso, la map­pa NON è il ter­ri­to­rio, così come il per­cor­so su di essa non coin­ci­de con l’arrivo.

Lo Sta­to di Medi­ta­zio­ne quin­di è quel­lo che dice il nome: uno sta­to, una con­di­zio­ne in cui ci si vie­ne a tro­va­re. Que­sto sta­to in sé è in gra­do, con la sem­pli­ce per­ma­nen­za in esso, di gene­ra­re cam­bia­men­ti enor­mi nel­la sfe­ra inte­rio­re ma anche, soprat­tut­to in alcu­ni momen­ti, nel­la personalità.

Come avvie­ne questo?

Il mec­ca­ni­smo (che per sua natu­ra non ha nul­la di mec­ca­ni­co) è tut­to som­ma­to sem­pli­ce. Per esem­pli­fi­car­lo: è come immer­ger­si nel­l’ac­qua. Fino a che la testa sta fuo­ri, abbia­mo un col­le­ga­men­to con l’e­ster­no ma, nel momen­to in cui sia­mo total­men­te immer­si non è dif­fi­ci­le spe­ri­men­ta­re un silen­zio diver­so, spe­cia­le. Anche se ci tro­via­mo solo un metro sot­to il pelo del­l’ac­qua, i suo­ni ester­ni risul­ta­no già distan­ti, men­tre quel­li del mon­do acqua­ti­co ini­zia­no ad emer­ge­re, suo­ni che da fuo­ri non potrem­mo mai udire.

Ora sosti­tui­te i suo­ni ester­ni all’ac­qua con i pen­sie­ri, il pelo del­l’ac­qua con lo sta­to det­to di Medi­ta­zio­ne, il mon­do acqua­ti­co come il nostro inte­rio­re. Allo stes­so modo in cui quan­do ci immer­gia­mo in acqua i suo­ni ester­ni diven­ta­no sem­pre più lon­ta­ni e meno udi­bi­li man mano che scen­dia­mo in pro­fon­di­tà, ecco che immer­gen­do­si nel­la Medi­ta­zio­ne i feno­me­ni rela­ti­vi al mon­do ester­no, pri­mi fra tut­ti i pen­sie­ri, si allon­ta­na­no men­tre diven­ta­no sem­pre più per­ce­pi­bi­li i “feno­me­ni” inte­rio­ri (fino ad una cer­ta pro­fon­di­tà par­lia­mo sem­pre di feno­me­ni, poi diven­ta­no sem­pre meno tali e sem­pre più cau­se, per quan­to sem­pre rela­ti­ve, a meno che non si acce­da a quel­lo sta­to det­to Illu­mi­na­zio­ne, cosa non così sem­pli­ce, evidentemente).

Immer­ger­si nel­la Medi­ta­zio­ne non pre­sen­ta tut­ta­via il pro­ble­ma del­l’im­mer­sio­ne subac­quea: non fini­sci l’a­ria! All’i­ni­zio fini­sci l’e­ner­gia ma con il pas­sa­re del tem­po sco­pri che quel­l’e­ner­gia è una carat­te­ri­sti­ca intes­su­ta nel­l’es­sen­za stes­sa del­la Medi­ta­zio­ne. Per con­ti­nua­re con il paral­le­lo appe­na fat­to, è come se si impa­ras­se a respi­ra­re acqua, ovvia­men­te sen­za gli incon­ve­nien­ti che si svi­lup­pa­no in que­sto caso.

Il mon­do feno­me­ni­co non scom­pa­re, i pen­sie­ri non ces­sa­no e le emo­zio­ni con­ti­nua­no a muo­ver­si di con­se­guen­za, ma tu sei in un pun­to in cui non li sen­ti e non le vedi più. I cin­que sen­si non smet­to­no di fun­zio­na­re ma tu smet­ti di dare loro spa­zio per­chè ti rag­giun­go­no in modo diverso.

Man mano che l’im­mer­sio­ne diven­ta più pro­fon­da, lo spa­zio stes­so cam­bia la pro­pria natu­ra, per­chè è una fun­zio­ne del tem­po (e vice­ver­sa). Per quan­to con­trad­dit­to­rio pos­sa sem­bra­re, con l’au­men­ta­re del­la pro­fon­di­tà, il tem­po tra un feno­me­no e l’al­tro vie­ne per­ce­pi­to in modo sem­pre più dila­ta­to ma que­sta per­ce­zio­ne è frut­to pro­prio del­la capa­ci­tà per­cet­ti­va che, in assen­za di per­tur­ba­zio­ni, diven­ta sem­pre più rapi­da. Allo stes­so modo in cui fil­man­do una sce­na con una fre­quen­za di foto­gram­mi più ele­va­ta si ottie­ne una sce­na al ral­len­ta­to­re, l’au­men­to di velo­ci­tà per­cet­ti­va crea un ral­len­ta­men­to del­l’an­da­men­to dei feno­me­ni che risul­ta­no quin­di inter­val­la­ti da spa­zi sem­pre più ampi.

Que­sto con­sen­te di osser­va­re la real­tà feno­me­ni­ca, per quan­to sem­pre tran­si­to­ria, con mol­ti più det­ta­gli. Non solo, lo stes­so vale per la nostra real­tà inte­rio­re che in que­sto modo, non più “inqui­na­ta” dai suo­ni ester­ni, si mani­fe­sta sem­pre di più, e in modo sem­pre più dettagliato.

Allo stes­so modo in cui la vita sot­to­ma­ri­na si mani­fe­sta sem­pre di più man mano che scen­dia­mo di pro­fon­di­tà, e for­me di vita abi­tual­men­te invi­si­bi­li diven­ta­no inve­ce visi­bi­li, con l’au­men­ta­re del­la pro­fon­di­tà del­lo sta­to di Medi­ta­zio­ne, si mani­fe­sta­no con­di­zio­ni abi­tual­men­te non sperimentabili.

Qui sta il noc­cio­lo del­la que­stio­ne: con­di­zio­ni abi­tual­men­te non sperimentabili!

In que­ste con­di­zio­ni, il nostro pen­sie­ro mec­ca­ni­co è com­ple­ta­men­te assen­te e quin­di può mani­fe­star­si un altro pen­sie­ro, che non ha nul­la a che vede­re con quel­lo che defi­nia­mo tale. E’ un pen­sie­ro mol­to sot­ti­le, non logi­co, pura­men­te intui­ti­vo e non con­ca­te­na­to ma, soprat­tut­to non line­ra­re e non sequen­zia­le. Ciò che si mani­fe­sta arri­va alla coscien­za tut­to insie­me e con­tem­po­ra­nea­men­te in una tota­le assen­za di ver­ba­liz­za­zio­ne det­ta: “osser­va­zio­ne” che poi sfo­cia nel­la “com­pren­sio­ne”.

A que­ste velo­ci­tà (ma farei meglio a defi­nir­le “fre­quen­ze vibra­to­rie”) i rap­por­ti tra feno­me­ni sono chia­ri come la luce del Sole, solo per par­la­re di un fat­to­re, peral­tro deci­sa­men­te di impor­tan­za col­la­te­ra­le; una chia­rez­za di cui oggi, nel­la mise­ria del pen­sie­ro uni­co e del­la incre­di­bil­men­te dila­gan­te super­fi­cia­li­tà, si è qua­si com­ple­ta­men­te per­sa non solo con­tez­za ma anche ricor­do, da par­te del­la stra­gran­de mag­gio­ran­za degli esse­ri uma­ni, in par­ti­co­lar modo quel­li occi­den­ta­li (ma anche dal­l’al­tra par­te non sono da meno).

Pro­se­guen­do nel­l’im­mer­sio­ne, con l’au­men­to del­la fre­quen­za vibra­to­ria, la nostra coscien­za ini­zia a spo­star­si in dimen­sio­ni sem­pre più minu­sco­le ma che, a cau­sa del­la dila­ta­zio­ne per­cet­ti­va diven­ta­no sem­pre più este­se, per­met­ten­do­ci di vede­re sem­pre più nel par­ti­co­la­re. Ma que­sto impli­ca anche posi­zio­na­re la nostra con­sa­pe­vo­lez­za a livel­li pro­gres­si­va­men­te più sot­ti­li e raffinati.

Quan­do si par­la di pia­ni sot­ti­li, si usa dire che ogni pia­no ha un’e­sten­sio­ne set­te vol­te mag­gio­re di quel­lo pre­ce­den­te. Ed è vero! Ma quan­do pone­te la con­sa­pe­vo­lez­za in esso, la sua esten­sio­ne vie­ne per­ce­pi­ta esat­ta­men­te con la stes­sa sen­sa­zio­ne che nel pia­no infe­rio­re. Solo il ricor­do del­la con­di­zio­ne più len­ta met­te in risal­to quel­la più veloce.

Pro­se­gue nel pros­si­mo post (la par­te 2)

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