Provo a svolgere una traccia della maturità. Chissà che voto prenderei?

A quanti è successo di sognare (in un incubo, mediamente) di dover rifare l’esame di maturità? A me parecchie volte e dato che siamo in periodo, ho pensato di esorcizzare in qualche modo questo incubo. Ho dato un’occhiata alle tracce per la prova di italiano e ne ho scelta una, .
Provo a svolgerla. Chissà quanto prenderei?
Svolgimento:
Per iniziare con una minima nota polemica, indicherei come estremamente restrittivo l’ambito indicato nella traccia per la dimensione del termine creatività. Creatività è un sostantivo, un termine il cui significato deriva dal sanscrito Kar-ati, ovvero fare, produrre un effetto.
L’atto creativo implica quindi la produzione di un effetto a partire dall’essere se stessi causa dell’effetto stesso. L’ambito indicato in traccia risulta quindi estremamente restrittivo nel relegare la creazione all’inedita quanto efficace soluzione di un problema. Questo tuttavia offre spunto proprio per la dimostrazione di quanto indicato, ovvero la limitatezza concettuale del termine. Limitatezza che non si esplica solo nell’ambito giovanile o italiano ma che ritengo possa abbracciare l’intera umanità.
La convinzione di poter creare, radicata generalmente nel mondo artistico, quand’anche derivante da dimensioni di superiore comprensione di lavori scientifici (la creatività nelle scienze matematiche applicate alle frontiere conoscitive, ad esempio) sarebbe a mio avviso da sfatare.
Visto il significato del termine per l’appunto, creare implica e sottintende l’esser causa prima di un effetto. Ma senza andare a scomodare Kant, non dovrebbe volerci molto a comprendere che una simile creatività è fuori dalle possibilità umane.
Creare dal nulla non è possibile all’uomo, se non all’interno di se’ stesso. Si può “fare” qualcosa ma non si può “creare” nulla. La creazione implicherebbe l’esser causa, senza materie prime al di fuori di se stessi e della propria volontà.
Posta questa premessa, a parer mio indispensabile, è senz’altro possibile prendere in esame quanto esposto nel pensiero di cui occorrerebbe disquisire. Uso il condizionale, dato che in realtà non molto vi è da commentare all’indicazione, in quanto la stessa è evidentemente estrapolata da altro contesto discorsivo e quindi parziale.
Tuttavia una considerazione è possibile, senz’altro, nel cogliere il senso postivista delle parole, considerazione che potrebbe essere riassunta nella necessità di “andare oltre”. Superamento dei limiti passivi quindi, con special riferimento all’ambito giovanile, sempre più colorato dalle fosche tinte della sfiducia, del pessimismo in genere fino a sfociare nel nichilismo autodistruttivo ben rappresentato da quel movimento “emo” di recente diffusione in italia.
Andare oltre ai limiti, reali o percepiti, della propria possibilità, in quanto la stessa è in realtà inesplorata. Il provare a fare. Il tentare che però mette in conto la sconfitta come possibilità prevista ma secondaria e non scontata.
In questo senso forse possiamo parlare di creatività come “atteggiamento mentale”, di “unione fra capacità logiche e analogiche”. La mente umana non è analogica. E’ digitale, basata su si e no, in logica binaria. La mente non conosce il dubbio in se’, ma se lo trova sul groppone quando la realtà ne infrange gli schemi, costringendola a fermarsi in un inopinato “stop”.
L’analogia sorge in quel momento, quando la mente è impotente (sempre che non si stia parlando di una ricognizione formale di similitudine), quando il cuore (non in senso anatomico) interviene. Cuore in senso di “nucleo”, quello stesso senso indicato dalla bellissima e dolce parola giapponese che lo identifica “Kokoro”, guarda caso così assonante all’anglofono “Kernel” e al più patriottico “Gheriglio”. Quel cuore che consente ad esempio, proprio con le parole appena citate tra virgolette, di cogliere il significato al di là dell’assonanza, per la quale basta una mente allenata o un orecchio musicale.
L’unione tra mente e cuore è auspicabile e purtuttavia ancora fuorviante, fintanto che non si comprenda che per un’efficace fusione tra queste due entità occorre una sorta di catalizzatore, un maggiordomo interinale che sovrintendendo al vuoto coscienziale reale anche se non percepibile (altrimenti non sarebbe vuoto), generi quella traenza necessaria all’andare oltre.
Allora si che può manifestarsi una creatività. Una sorta di magica trasformazione alchemica del problema in possibilità.
Possibilità di comprendere e quindi crescere. Andando oltre per l’appunto.
Se fossi presidente di una commissione di maturità, e un diciannovenne mi presentasse il tuo svolgimento, allora gli darei un bel 10 con sette otto lode, un bacio in fronte e, zaino in spalla partirei per l’Oriente a cercare le stesse fonti creative del nostro splendido 19enne… :beer:
:beer:
prenderesti 10 anni di galera per esserti spacciato per un diciottenne o giù di lì! 😡
Ma mi piace l’idea, molto. Provare a svolgere un tema da maturità 20 anni dopo, più o meno… bella pensata!
mi sa che hai proprio ragione!!! :smirk:
Credo che prenderesti un bel 10 con lode! Ma dopo aver letto questo tema, mi sa che il povero presidente di commissione o rivede radicalmente la sua vita oppure entra in analisi… :smirk:
Sai che ti dico? Mi sa che hai ragione! :smirk:
Pensandoci, come mai non hai tirato in Ballo il Primo Creatore Eccetera??!
Perchè non ho idea di cosa sia.
Anche Guareschi ha scritto una storiella divertente sul fatto che anche lui ogni anno in questo periodo sognava di rifare l’esame di maturità, e a volte lo passava a volte veniva bocciato. Persino in campo di prigionia durante la guerra… io non ho mai fatto l’esame di maturità avendo fatto le scuole all’estero, e, per fortuna, non mi verranno mai gli incubi!
Meglio per te, direi.
In effetti mi sono sempre chiesto se quello della maturità sia un trauma inutile (cosa verso cui propendo) o se invece sia utile alla nostra personalità, un po’ come la varicella che fa fare un vero e proprio balzo al sistema immunitario.
Suppongo che non lo saprò mai…
Trauma inutile Franz! Visto che siamo in molti ad averlo sognato almeno una volta nella vita, evidentemente è difficile da superare (anche se pensandoci sembra assurdo, eppure…) e un trauma è utile se si supera, penso io; se serve cioè a fare un salto, non se imprime nella mente la paura di farlo.
Mah, scusate il vaneggiamento da we piovoso :smirk: