Tecnologia interiore. Errore e differenza: la concezione emotiva impedisce la crescita.
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Errore viene da errare; vagare senza una meta. Un significato emotivamente negativo che non fa altro che trarre in inganno.
Partiamo dall’errore in senso scientifico. L’errore è la differenza tra una dimensione e la misurazione che se ne può fare. L’errore nullo in questo caso, quindi la misura esatta, non esiste. Esiste il caso in cui la differenza tra misurazione e oggetto della stessa diventa trascurabile.
Esistono interi trattati su questo argomento, soprattutto sul problema di quando definire “trascurabile” una differenza. Come si può ben immaginare, un errore di pochi millimetri su distanze astronomiche può senz’altro essere trascurabile ma più ci si avvicina al limite tra una situazione ed un’altra e meno l’errore diventa trascurabile.
Alla fine l’errore è la differenza tra la realtà e la percezione che ne abbiamo. Potremo affinare la nostra percezione ma fintanto che verrà mediata dai sensi ci sarà sempre una differenza tra ciò che percepiamo e ciò che esiste.
La percezione della differenza allora può realmente venirci in aiuto. La differenza tra percezione e percepito non può essere qualcosa di coglibile tramite i sensi. La differenza non è una grandezza fisica. La percezione della differenza è proprio la coscienza dell’errore, inteso come separazione tra realtà e percezione.
La concezione emotiva della differenza (e quindi dell’errore) porta inevitabilmente al senso di colpa, all’autocommiserazione e a tutta una serie di conseguenze emotive che non fanno altro che aumentare la distanza tra noi e la realtà, ovvero l’errore.
L’errore quindi ha una sua funzione importantissima: quella di farci cogliere la differenza tra percezione e realtà. Cogliere appieno questa differenza significa inevitabilmente ampliare la nostra percezione al punto da includere l’errore e quindi annullare la differenza, tutta o in parte a seconda di quanto profonda ed oggettiva sia stata la nostra percezione.
Comprendere un errore non significa quindi cogliere la differenza tra giusto e sbagliato, ma tra realtà e percezione.
Spesso però occorre un altro passaggio. Quello dalla percezione alla comprensione. Possiamo percepire una differenza ma non avere coscienza della sua natura intrinseca. E ancora, altro passaggio necessario, quello che porta dall’avere coscienza di qualcosa al portare questa coscienza a livello fruibile dal pensiero. Ciò che viene ordinariamente definito “capire”. Comprendere prima, capire poi.
Nel caso dell’errore, sapere che c’è non porta ad una vera crescita. Comprendere l’errore si, perchè lo elimina, portando la percezione della realtà oltre la differenza osservata.
Ergo se qualcuno vi dice che siete in una condizione di errore che voi non percepite ma contemporaneamente non vi fornisce la comprensione della differenza o gli strumenti per raggiungerla pur tentando di aiutarvi sta semplicemente perdendo il suo tempo, ma soprattutto il vostro, a meno che, per qualche motivo, non siate voi a procurarvi detti strumenti; allora quello diventa un aiuto prezioso. E il tempo di entrambi non è andato perso.
Una cosa importante, perchè il tempo, per quanto grandezza totalmente illusoria e inesistente quando osservato da una dimensione superiore, nel mondo delle 3 dimensioni è l’unica cosa che non può essere data.
Il tempo a nostra disposizione è quello che è. Se voi regalate il vostro tempo a qualcuno, quel qualcuno non ve lo potrà mai rendere, così come a lui o lei non avrete dato più tempo.
E quando il tempo finisce… finisce, quindi è meglio non perderlo e non farlo perdere agli altri, perchè nel primo caso nessuno ce lo potrà ridare e nel secondo a noi non viene in tasca neppure un millisecondo in più.
Ci si vede in giro!