Ebbro di donne e di pittura – By Giuseppe

In una nazio­ne tor­men­ta­ta da rivo­lu­zio­ni e rove­sci poli­ti­ci, un uomo col­ti­va sin dal­la gio­ven­tù due pas­sio­ni, anzi tre (se la ter­za si può con­si­de­ra­re una pas­sio­ne): la pit­tu­ra, le don­ne e il vino.

Un uomo, insom­ma, col “viziet­to” di vive­re inten­sa­men­te la pro­pria vita.

Que­sta è la sto­ria di un gran­de arti­sta, genio ribel­le e tor­men­ta­to, Ohwon Jang Seung Up. Ohwon sin da bam­bi­no dà pro­va d’un talen­to fuo­ri dal nor­ma­le che, sot­to la gui­da d’un bra­vo mae­stro, rega­la alla Corea stu­pen­di capolavori.

Ohwon fu un genio par­ti­co­la­re che non ama­va il con­for­mi­smo e, anche se met­te­va il suo pen­nel­lo al ser­vi­zio dei nobi­li e dei poten­ti, non accon­sen­tì mai di dipin­ge­re ope­re in cui non cre­de­va o sen­za ispirazione.

Una fra­se del suo mae­stro (semi­na­ta in un buon cam­po) rive­la pie­na­men­te qua­le “eti­ca” ispi­ra­va que­sto gran­de arti­sta: “Un dipin­to fat­to solo per dena­ro e fama imme­dia­ta è pura e sem­pli­ce vani­tà, è un atto inu­ti­le. Nasce mor­to”.

Ohwon dipin­ge­va dun­que per pas­sio­ne – oltre che con mae­stria – e il suo “furo­re” arti­sti­co, volen­do azzar­da­re un para­go­ne, mi sem­bra una via di mez­zo tra Van Gogh e Miche­lan­ge­lo. Simi­le al pit­to­re olan­de­se per­ché era imme­dia­to, impres­sio­ni­sta; mi ricor­da Miche­lan­ge­lo per il rigo­re del­la sua arte e la costan­te insod­di­sfa­zio­ne del livel­lo rag­gun­to: “…è la disci­pli­na del­la men­te che deve gui­da­re il pen­nel­lo sul­la car­ta”…”rin­no­var­si ogni gior­no, rin­no­var­si pro­fon­da­men­te”.

Sicu­ra­men­te, que­sto era un uomo con la rara dote di saper con­tem­pla­re, coglien­do l’essenza del­le cose per poi tra­sfe­rir­la nei suoi dipin­ti. Fu anche un inno­va­to­re arti­sti­co (come tut­ti i veri arti­sti) e per pri­mo osò toglie­re le scrit­te che sem­pre accom­pa­gna­va­no i dipin­ti del­la scuo­la corea­na del suo tem­po: “La vera pit­tu­ra sa par­la­re benis­si­mo da sola, non ha biso­gno di paro­le”.

Ebbro di don­ne e di pit­tu­ra è, a mio avvi­so, un film che lascia un segno non solo per la sto­ria, ma anche per la reci­ta­zio­ne, i costu­mi, le sce­no­gra­fie, gli inter­ni, i pae­sag­gi moz­za­fia­to, il rit­mo armo­nio­so del­le vicen­de e gli intrec­ci sto­ri­ci e per­so­na­li ben inca­stra­ti. Un vero capo­la­vo­ro del regi­sta Im Kwon Taek.

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