Sulla natura della sofferenza
Negli anni mi sono spesso chiesto quanto di reale e oggettivo possa esserci in quella cosa che chiamiamo sofferenza.
Già definirla diventa un problema. Anche solo descrivere un dolore fisico, infatti, diventa un atto estremamente difficoltoso.
O meglio; descriverlo non è difficile. E’ capire quanto una persona stia male la cosa difficile. Per i dolori emotivi, le sofferenze dovute ad eventi traumatici non fisicamente, l’impresa diventa addirittura impossibile.
Certo, se dico che mi sono scottato una mano, chi ascolta, avendo sicuramente avuto l’esperienza simile, dirà che mi capisce. ma in realtà, ciò non è detto che sia vero; come facciamo infatti a sapere che la sensazione di dolore che proviamo noi è uguale a quella della persona che ascoltiamo?
Questo vale per qualunque sofferenza; il dolore fisico non è una grandezza oggettiva, comparabile, misurabile; E’ una sensazione, qualcosa che esiste solo nel nostro cervello. Una risposta meccanica ad eventi violenti che accadono al nostro corpo.
Per fare un esempio, prendiamo la pelle; i nervi che la popolano mandano un segnale al nostro cervello, a seconda della pressione che viene esercitata sull’epidermide. Quando questa pressione è contenuta, parliamo di sfioramento, possiamo provare piacere, solletico o anche semplicemente riconoscere che qualcosa ci sta sfiorando.
Quando la pressione aumenta, allora cominciamo a percepire una sensazione fastidiosa, che cresce in modo esponenziale con l’aumento della pressione e la diminuzione dell’estensione di pelle su cui viene esercitata, oltre ad un’altra marea di fattori, fino a diventare dolore nel caso di una botta o di una puntura.
In altre parole, il nostro corpo è strutturato per inviare un segnale al cervello, il quale poi decide se provare piacere o dolore. Appunto: decide lui. La cosiddetta “soglia del dolore” è quella cosa del tutto individuale che determina a quale livello di risposta ad uno stimolo esterno ciascuno di noi inizia a provare dolore.
Il dolore è una sensazione che quasi tutti provano nella vita prima o poi, perchè è una risposta profondamente programmata nel nostro codice genetico che serve a riconoscere gli eventi potenzialmenti dannosi per il nostro corpo e starne quindi alla larga.
Tanto è vero che quelle persone che soffrono di una rara patologia che non consente loro di sentire dolore (Riley-Day), devono fare un’attenzione incredibile a tutto quello che gli accade, perchè rischiano continuamente di prodursi dei seri danni fisici.
Di fronte a tutto questo, è chiaro che il dolore fisico non può che avere una natura del tutto illusoria. Ciononostante, quando lo provi, questa natura diventa improvvisamente del tutto reale.
Lo stesso vale per quei dolori non fisici, per la sofferenza emotiva. Soffrire per qualcosa, per un evento, una frase, una perdita o qualunque altro accidente, è una lettura emotiva di qualcosa che ci accade. Una lettura che non può che essere del tutto individuale, frutto di tutto ciò che sappiamo, pensiamo, riteniamo. Un masochista può godere del proprio dolore fino a raggiungere livelli di autentica estasi erotica.
Il dolore può facilmente trasformarsi in piacere, in presenza di determinati processi mentali, siano essi aberrati o normali.
Tutti conoscono le “pene d’amore”, per averle provate almeno una volta nella vita. E quasi tutti sanno che, prima o poi, il tempo tende a guarire questo dolore. Lo stesso vale per le offese, le reazioni negative e persino quelle positive.
Ciò che ci ferisce oggi, magari non lo farà più domani. Ciò che ci diverte oggi potrebbe annoiarci domani. La persona che amavamo l’anno scoro potrebbe starci cordialmente sul cazzo oggi.
Insomma, la sofferenza emotiva o psicologica ha la stessa natura di quella fisica; del tutto individuale, personale, illusoria. Ed entrambe, nel momento in cui iniziano, diventano terribilmente reali.
La sofferenza può uccidere. Si può morire per un dolore fisico troppo intenso. Allo stesso modo si può morire per una sofferenza emotiva troppo intensa.
Quindi la sofferenza è reale, pur essendo la sua natura del tutto illusoria.
La fine della sofferenza arriva solo nel momento in cui ci liberiamo dalle cause che l’hanno generata. Una sofferenza fisica si può interrompere rimuovendo la causa che la genera, ma anche utilizzando tecniche mentali o meditative; se si arriva ad inserirsi in quel circuito mentale che scatena il dolore, questo sparisce.
Allo stesso modo, si può intervenire su una sofferenza emotiva, comprendendo la causa che la genera; non è forse vero che il nostro dolore per la perdita di una persona cara cambierebbe completamente, se noi fossimo del tutto sicuri che nel momento in cui muore, semplicemente si trasferisce da un’altra parte in cui, prima o poi, potremo ritrovarla?
E non cambierebbe completamente la nostra visione della vita se fossimo davvero convinti che la morte non è altro che un cambiamento di stato? Se sapessimo nell’intimo che questo è solo un sogno, o meglio un incubo, da cui prima o poi ci sveglieremo?
O se comprendessimo davvero la malattia?
Dunque la sofferenza è figlia dell’illusione. Non può che essere così. E’ figlia dell’ignoranza, della materia (per quanto attiene il corpo fisico). Ma è anche figlia della compassione; non ricordo più chi ha detto che ci vuole molto coraggio per sopportare la propria sofferenza, mentre ci vuole tutta la nostra forza per sopportare la sofferenza di qualcuno che amiamo.
Non sono un illuminato (magari lo fossi!). Non so fino a che punto del cammino di un essere si manifesta quella cosa che chiamiamo sofferenza. Non so se il dolore sia una caratteristica esclusiva della materia, oppure esista anche fuori da essa.
Quello che so è che qui e ora, in questo “hic et nunc irrinunciabile”, come lo definisce meravigliosamete Richard Bach, la sofferenza ed il dolore esistono dentro e fuori ciascuno di noi.
Ma so anche che questa cosa può cambiare in qualsiasi momento.
Per diventare “grandi” bisogna affrontare la sofferenza.
Grazie per il post.…Franz
Complimenti Franz. Mi è piaciuto molto il ‘passaggio’ sulla sofferenza causata dalla morte di una persona cara… e proprio ieri su fb ho scritto: ‘Gesù ha dimostrato che la morte è solo un attimo rubato all’Eternità’…
Un ottimo post grazie a Franz!!!
Concordo inoltre con Walter sul fatto che “diventare Grandi” implichi l’affrontare ed il trascendere la sofferenza specie nella sua natura “illusoria”; in altre parole prima di “rialzarsi” è necessario “cadere completamente”!!! :warrior:
PS: a questo proposito vi suggerisco di dare un’occhiata a questo link:
http://animestreaming.altervista.org/sousei-no-aquarion/episodio-15-il-primo-amore-dell-aquarion-t1409.html
Anche se si tratta solo di un ANIME (disegno animato Jap) mi pare che renda in termini semplici, ma non per questo meno efficaci l’idea… buona visione!!!