In Italia abbiamo un enorme problema (non solo uno, chiaramente, ma questo è bello grosso); l’etica professionale.
Non è facile infatti trovare un’azienda o un professionista che, invece che pensare a come ti può sfilare il massimo ammontare di denaro, pensi a come può renderti il servizio migliore.
All’estero è esattamente il contrario; le aziende e i professionisti sanno perfettamente che non possono vendere aria fritta senza incorrere in un immediato sputtanamento con conseguente naufragio professionale dell’attività.
Nel nostro paese, purtroppo, molte realtà del tutto sconosciute, offrono servizi davvero utili, a prezzi competitivi. Ma non sono visibili (con le dovute eccezioni, ovviamente).
In un articolo sul Corriere di Francesco Alberoni, c’è una frase particolarmente interessante:
…studenti che non hanno più la passione del sapere. Fra cui si è radicato il devastante convincimento che chi fa bene, chi si prodiga, chi lavora duramente, chi merita, non verrà ricompensato, non avrà successo. Mentre riuscirà chi è spregiudicato, chi appare in televisione, chi trova protezioni politiche…
Ritengo che abbia perfettamente centrato il punto; realtà professionali di grande valore intrinseco ed etico, spesso non riescono a sopravvivere grazie alla superficialità della gente, del mercato ed alla mancanza di educazione dei potenziali clienti a discernere chi fornisce loro i servizi di cui abbisognano.
Anche questo è qualcosa che occorre cambiare in questo paese: l’attitudine di chi acquista. Quando decidete che avete bisogno di un servizio, pagare più del dovuto solo per il nome o l’immagine di chi ve lo fornisce è del tutto assurdo.
Un nome conosciuto non è affatto garanzia di qualità, ma di popolarità. E come dovrebbe essere ovvio, la popolarità non ha quasi mai nulla a che vedere con la validità di ciò che si propone, ma con la percezione che la gente ha di questa.
In questi tempi, uno può anche mettersi a vendere merda di Yak, ma se mette una strafiga in copertina e invade i media con la pubblicità giusta, quella merda di Yak sarà qualcosa che tutti percepiranno non come escremento quanto come l’unica cosa di cui hanno bisogno in quel momento.
Questo è lo scopo del maketing: non quello di far conoscere ciò che le persone non sanno che esiste (come dovrebbe essere e come, di fatto, rarissime volte è) quanto quello di cambiare la percezione dell’articolo in vendita.
Un’altra emerita stronzata è acquistare al prezzo più basso. E’ ovvio che, se un’azienda propone un servizio ad un costo irrisorio rispetto al prezzo di mercato, qualcosa non quadra. Nel caso di un bene materiale i casi sono due o tre: il materiale scadente, la fabbricazione in un paese del terzo mondo o in uno stato canaglia in cui la manodopera è a costo zero, qualche maneggio sconosciuto. Soltanto raramente si tratta di una vera operazione promozionale volta a far conoscere un marchio, vendendo realmente sottocosto.
Anche nel caso dei servizi, la faccenda non è diversa. I servizi hanno un costo, sempre che si voglia davvero pagare il dovuto a persone che magari hanno studiato per decine d’anni prima di arrivare al punto di capacità attuale. Quando una consulenza professionale viene venduta a prezzi troppo bassi, i casi sono due: l’azienda sta sfruttando qualcuno che, pur di pagare le rate del mutuo, si adatta a vedere sottopagato il proprio lavoro, oppure l’azienda vi sta vendendo per senior un consulente che ha si e no un anno di esperienza sull’argomento.
Tra i due estremi, la vendita a peso d’oro e quella sottocosto, esiste una zona in cui ha un senso parlare di offerta e di qualità.
Ma fuori da quella zona, state buttando nel cesso i soldi oppure state indirettamente sfruttando la debolezza di qualcun altro.
Etica e professionalità: ne servono di nuove.
In Italia abbiamo un enorme problema (non solo uno, chiaramente, ma questo è bello grosso); l’etica professionale.
Non è facile infatti trovare un’azienda o un professionista che, invece che pensare a come ti può sfilare il massimo ammontare di denaro, pensi a come può renderti il servizio migliore.
All’estero è esattamente il contrario; le aziende e i professionisti sanno perfettamente che non possono vendere aria fritta senza incorrere in un immediato sputtanamento con conseguente naufragio professionale dell’attività.
Nel nostro paese, purtroppo, molte realtà del tutto sconosciute, offrono servizi davvero utili, a prezzi competitivi. Ma non sono visibili (con le dovute eccezioni, ovviamente).
In un articolo sul Corriere di Francesco Alberoni, c’è una frase particolarmente interessante:
Ritengo che abbia perfettamente centrato il punto; realtà professionali di grande valore intrinseco ed etico, spesso non riescono a sopravvivere grazie alla superficialità della gente, del mercato ed alla mancanza di educazione dei potenziali clienti a discernere chi fornisce loro i servizi di cui abbisognano.
Anche questo è qualcosa che occorre cambiare in questo paese: l’attitudine di chi acquista. Quando decidete che avete bisogno di un servizio, pagare più del dovuto solo per il nome o l’immagine di chi ve lo fornisce è del tutto assurdo.
Un nome conosciuto non è affatto garanzia di qualità, ma di popolarità. E come dovrebbe essere ovvio, la popolarità non ha quasi mai nulla a che vedere con la validità di ciò che si propone, ma con la percezione che la gente ha di questa.
In questi tempi, uno può anche mettersi a vendere merda di Yak, ma se mette una strafiga in copertina e invade i media con la pubblicità giusta, quella merda di Yak sarà qualcosa che tutti percepiranno non come escremento quanto come l’unica cosa di cui hanno bisogno in quel momento.
Questo è lo scopo del maketing: non quello di far conoscere ciò che le persone non sanno che esiste (come dovrebbe essere e come, di fatto, rarissime volte è) quanto quello di cambiare la percezione dell’articolo in vendita.
Un’altra emerita stronzata è acquistare al prezzo più basso. E’ ovvio che, se un’azienda propone un servizio ad un costo irrisorio rispetto al prezzo di mercato, qualcosa non quadra. Nel caso di un bene materiale i casi sono due o tre: il materiale scadente, la fabbricazione in un paese del terzo mondo o in uno stato canaglia in cui la manodopera è a costo zero, qualche maneggio sconosciuto. Soltanto raramente si tratta di una vera operazione promozionale volta a far conoscere un marchio, vendendo realmente sottocosto.
Anche nel caso dei servizi, la faccenda non è diversa. I servizi hanno un costo, sempre che si voglia davvero pagare il dovuto a persone che magari hanno studiato per decine d’anni prima di arrivare al punto di capacità attuale. Quando una consulenza professionale viene venduta a prezzi troppo bassi, i casi sono due: l’azienda sta sfruttando qualcuno che, pur di pagare le rate del mutuo, si adatta a vedere sottopagato il proprio lavoro, oppure l’azienda vi sta vendendo per senior un consulente che ha si e no un anno di esperienza sull’argomento.
Tra i due estremi, la vendita a peso d’oro e quella sottocosto, esiste una zona in cui ha un senso parlare di offerta e di qualità.
Ma fuori da quella zona, state buttando nel cesso i soldi oppure state indirettamente sfruttando la debolezza di qualcun altro.
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