Visione Oggettiva e Soggettiva – By Giuseppe
Credo di non sbagliare nell’affermare che lo scopo di tutte le Scuole di Ricerca è offrire al Ricercatore gli strumenti per arrivare a realizzare la propria Vera Natura, che è “pura soggettività” (l’Essere-Coscienza).
A questo fine risulta di fondamentale importanza imparare a distinguere l’illusorio dal reale (sia intellettivamente che cogliendo “sul fatto” la differenza tra illusione e realtà).
E qui subentra la necessità di studiare la differenza – per comprendere sempre più a fondo la realtà – tra Visione Soggettiva e Visione Oggettiva.
Innanzitutto cosa si intende per “visione”?
Di solito con questa parola si pensa di designare la “reale faccia” dei fatti, delle persone o degli oggetti.
In realtà, invece, una “visione” non esprime altro che il proprio personale punto di vista (punto di vista soggetto a continui cambiamenti, cambiamenti dovuti all’aggiungersi di nuovi dati cognitivo-esperienziali).
Perciò quando si parla di Visione Soggettiva si intende una “strettamente personale idea” su noi stessi e su come va il mondo.
Questa “strettamente” personale idea è come un colore di fondo (sullo schermo della mente) sul quale si vanno ad aggiungere tutte le altre esperienze che facciamo.
Questo “colore di fondo” è dovuto alle identificazioni sorte i primi anni di vita di ognuno di noi.
Se noi abbiamo avuto una certa educazione cattolica-occidentale + quella familiare, ad esempio, quella educazione rappresenta una importante componente del “colore di fondo” della nostra individualità identificata.
Il colore dell’identificazione di base ci ha impregnati talmente presto, nella nostra vita, che una volta giovani lo consideriamo ormai come cosa naturale.
Non per questo esso non agisce in modo innaturale, anzi, è appunto quel “colore di fondo” che distorce il vero aspetto di tutte le altre esperienze che andiamo a fare nella vita.
Faccio un esempio.
Avete mai provato a mettere un colore ad olio su una base ancora fresca di un altro colore?
Se, per esempio, la base ancora fresca è gialla e voi sopra date una pennellata di rosso, la pennellata risultante sarà di colore arancione.
Non so se ho spiegato bene l’esempio.
In pratica la fusione del colore giallo (la base preesistente) con quello rosso (l’ultima pennellata) da come risultato la fusione dei due colori (che sono: giallo+rosso = arancione).
La stessa cosa avviene nella mente identificata con i condizionamenti di base di ognuno di noi (nome, corpo, luogo e tempo di nascita, status sociale, eccetera).
In pratica ciò che vediamo e viviamo, venendo a contatto col fondo delle nostre convinzioni di base, viene percepito dalla coscienza come avente un aspetto differente da ciò che è veramente.
Come conseguenza di questa sovrapposizione tutti, ma proprio tutti, i nostri giudizi e opinioni su noi stessi e sul mondo non rispecchiano la realtà dei fatti, ma rappresentano solo la nostra visione soggettiva.
Oggettivamente parlando la nostra visione soggettiva (cioè il colore di fondo) è come una complessa costruzione mentale, fatta di parole, esperienze e simboli, la cui struttura portante sono le identificazioni sorte i primi anni di vita.
La coscienza di un adolescente è già colorata profondamente, e guarda la vita attraverso questa costruzione mentale.
Da qui l’importanza del dubbio, per l’aspirante ricercatore, al fine di smantellare quella costruzione mentale che offusca la visione nitida.
Un solo dubbio che sorge, in noi, su ciò che abbiamo sempre creduto come vero, può avere due conseguenza su di noi: 1) l’accantoniamo velocemente, tornando a rifugiarci al calduccio delle illusorie sicurezze di cui siamo e vogliamo rimanere convinti; oppure: 2) quel dubbio può avere un impatto tremendo su tutta l’illusoria costruzione mentale che ci ha accompagnato per tanti anni, facendola crollare con un effetto a cascata che parte dal basso (come quando si toglie una carta da sotto un castelletto di carte).
Per un simile “malcapitato” (quello del secondo caso) l’impatto del dubbio può essere veramente devastante perché crollate le “certezze” il poverino non ha più sicurezze e, per molto ma molto tempo, non capisce più un tubo di se stesso o di ciò che vede.
Questo perché sorto quel primo dubbio (e crollate le costruzioni mentali) egli comincia a rivedere tutto dal principio, oserei dire con gli occhi di un bambino innocente.
Paradossalmente, però, questo crollo segna anche l’inizio dell’uso consapevole di una visione più oggettiva di se stesso e del mondo (se il soggetto non corre a rifugiarsi in altre certezze).
Tornando all’esempio del “colore di fondo” che distorce le nuove pennellate, per visione oggettiva si può intendere allora una pennellata vista col suo reale colore (o il più vicino possibile al reale)
Quindi più pulita è la tela (lo schermo della mente) più vicina alla realtà – e quindi più oggettiva – sarà la “visione” della pennellata (una esperienza sensoriale).
A questo punto dovrebbe risultare (spero) chiaro che vi sono molte sfumature della realtà oggettiva.
Sfumature che vanno dal giallo della visione completamente soggettiva a quella più adesa alla realtà della visione del rosso esattamente uguale a quello contenuto nel tubetto del colore ad olio (ogni riferimento ai colori è puramente casuale).
Il fatto che poi anche la visione della realtà oggettiva, vista dal punto di vista della Pura Soggettività (del Reale) possa apparire come illusoria, beh…questa è un’altra faccenda…
ma richiede sempre la stessa…
…Chiara Visione disidentificata.