I Sussurri del Lama: quando il sentire non trova riscontro

Quando ero ancora un giovane studente vi era una persona, un monaco anziano, che mi assisteva nello studio delle scritture e nella pratica. Ricordo che avevo per questo uomo, piuttosto vecchio, un grande affetto.
Era sempre molto paziente, anche se il suo agire e il suo persistere nella volontà di erudirmi non conoscevano difetto. Con il passare del tempo il mio affetto emotivo si trasformò in un potente sentire del cuore verso di lui. Sentire che, albergando nella mia pratica meditativa, mi portò per mano alla scoperta di profondità sconosciute.
Tuttavia, ogni volta che tentavo di parlare con lui di questa esperienza, egli rifuggiva il dialogo, schernendosi dietro la necessità, per me, di attenermi allo studio.
Il mio sentire e la mia attrazione verso quella splendida anima che intuivo sempre più dietro il corpo vetusto del mio insegnante andò crescendo, e così il mio desiderio per lui e verso di lui.
Purtroppo, contemporaneamente, altrettanto cresceva la mia sofferenza nel cozzare contro il muro della sua indifferenza. Fino a che venne un giorno in cui, pur rimanendo inalterati i miei sentimenti, la solitudine cui andavano incontro gli stessi iniziò ad erodere la mia capacità di studiare e rimanere concentrato sulla sua figura.
Ricordo che, lentamente ma inesorabilmente, il mio afflato verso di lui e verso il suo insegnamento iniziò a diminuire, fino a che la sofferenza che la sua costante distanza determinava in me divenne insopportabile.
Il mio emotivo iniziò ad incrinarsi sotto il peso della solitudine del sentire e la gioia della mia ricerca conobbe sempre di più la tristezza della separazione.
Un giorno il mio Maestro, avendo percepito questo mio stato, nonostante tutti i miei sforzi per mantenerlo celato, mi mandò a chiamare. Era la prima volta che questo accadeva e, in cuor mio, pensai che fosse per redarguirmi o chiedermi di allontanarmi da quel luogo santo.
Fu quindi con il cuore gonfio di tristezza e paura che mi presentai al Suo cospetto.
Ma Lui, da grande Anima qual’era, fugò immediatamente questo, non appena fui in Sua presenza, con un solo sguardo, uno sguardo che conteneva tutto l’amore di questo mondo e anche di più. Poi mi parlò.
“T., che cosa ti sta accadendo? Perchè la tua mente, prima così salda, vacilla così tanto ora, assieme al tuo cuore che, come ben vedo, è piuttosto danneggiato?”
Io esitai, un po’ per paura, un po’ per la grandissima emozione di trovarmi al cospetto di colui che, anche se in quel momento non ne ero ancora consapevole, per me era sempre stato e sempre si sarebbe mantenuto come l’unica ragione della mia vita; ma poi, anche se con la frammentarietà della mente giovanile, e tra le lacrime di un cuore che, finalmente, trovava sfogo alle proprie angosce, gli raccontai di quella particolare condizione che aveva afflitto il mio rapporto con il mio insegnante.
Lui mi ascoltò a lungo, immobile ed attento. Potevo percepire la sua armonia pervadere sempre di più lo spazio che mi separava da Lui, placando la mia sofferenza, ed aprendo lentamente uno squarcio nel muro che si era eretto attorno a me.
Fu così che mi trovai in silenzio, mentre il sentire che sempre mi aveva guidato, faceva breccia nel muro del silenzio, dapprima piano e poi, come l’acqua che fluisce dalla crepa in una diga, sfondando completamente ogni ostacolo e immergendosi profondamente nel cuore di colui che, ora si, ora sapevo oltre ogni dubbio essere il mio Maestro.
Passai molto tempo in quello stato, mentre la gioia riprendeva a sgorgare in me ed a nutrire il mio giovane spirito. Ricordo ancora che non riuscivo a fermare le lacrime ne il tremore che mi presero mentre, come in un lago di acqua purissima, mi immergevo nell’amore del mio maestro.
Solo dopo molto tempo, quando la condizione emotiva si era placata da un po’, e in me era tornato un caldo e immobile silenzio, il Maestro parlò.
“E’ benedetta questa tua, pur non bella, esperienza. Una benedizione dura e rara, ma al tempo stesso potente. Tu non sei qui per te stesso, non solo almeno. Il tuo lavoro sarà quello di aiutare quante più persone possibile in quanti più modi potrai. Ma per quelli che ne avranno la possibilità, tu sarai una guida. Ed è per questo che quanto ti è accaduto rappresenta una pura benedizione.”
Il resto proseguì su un livello di comunicazione non verbale e neppure emotivo. Fu pura trasmissione da cuore a cuore, da anima ad anima.
Grazie a quello che fu il primo insegnamento del mio Maestro, compresi infatti quanto sia indispensabile fornire un riscontro al sentire di chi ci ama e ripone in noi la sua fiducia.
Perchè quando il sentire non trova riscontro può trasformarsi nella più profonda, solitaria e fredda tomba dell’anima.
E, in quella tomba, giacere per sempre.
Credo che ogni mio commento rovinerebbe solamente il bellissimo post del Lama T.
.… quanto Cuore.… quanto Amore…
grazie..
OM SHANTI
A volte il silenzio è il miglior commento: come in un quadro perfetta, anche una sola pennellata guasterebbe l’armonia