Nuovi cafoni, pericolosi schiavi del Blackberry

A volte l’uomo scopre nuove razze di animali, insetti o microrganismi. Succede, è qualcosa di insito nel normale andamento delle cose.

Ma mai, sono sicuro, neppure nelle sue più sfrenate fantasie, Konrad Lorenz e soci avrebbero potuto immaginarsi la nascita, un giorno, della più incredibile e pericolosa razza di cafoni che popola questo pianeta: i dipendenti da messaggio.

In principio furono le segreterie telefoniche: ve le ricordate? Specialmente quella della Panasonic, con due cassette, una per il messaggio di benvenuto e una per registrare i messaggi di quelli che ci cercavano.

All’epoca si doveva aspettare di arrivare a casa, alla sera, per ascoltare i messaggi.

Poi venne l’era del telecomando: un minuscolo emettitore di toni che permetteva di chiamare il proprio numero e con un codice ascoltare gli eventuali messaggi.

Quella fu la genesi. Circa vent’anni fa, o poco più, già le persone facevano almeno una telefonata a casa verso la pausa pranzo, per sentire eventuali messaggi vocali.

Da allora ad adesso è stata tutta una discesa. Fino ad arrivare a loro: i messaggiodipendenti.

Sono quelli che entrano al ristorante e, prima di sedersi a tavola, rimangono in piedi con la faccia da pirla a fianco alla sedia, tutti assorti dai 4 cm. scarsi di schermo davanti a loro, a leggere le email. Che uno si chiede… ma che cazzo di messaggi stai aspettando che non puoi fare a meno di leggerli appena arrivano?

Penso che chiunque abbia avuto la ventura di incontrare almeno uno di questi idioti: gente che, mentre parla con te, smanetta sul cellulare nella lettura compulsiva di qualunque messaggio gli arrivi. Non importa se si tratta della pubblicità dei preservativi o del più ignobile degli spam: loro lo devono leggere subito, se no si sentono defraudati della loro natura di bersaglio perfetto di qualunque cagata.

Ti parlano a pause, perchè il loro centro cerebrale del linguaggio è diviso tra quello che dici tu e le stronzate che leggono sul loro cellulare. Ma quello che più ti fa incazzare è che ti ascoltano anche a pause. Sempre per lo stesso motivo.

Per poi, una volta finito di leggere, riportare lo sguardo su di te e, con un leggero scuotimento del capo, dirti candidamente:

“Non ho capito, puoi ripetere?”

E tu che, paziente, gli rispieghi da capo, dopo sei secondi li vedi di nuovo intenti a leggere, che la voglia di ficcargli un manrovescio comincia a farsi intensa.

E’ la priorità massima. Non importa chi stia loro davanti, chi gli stia parlando. Non si capisce perchè, ma per queste persone ciò che gli arriva in formato elettronico ha la precedenza su qualunque cosa gli accada intorno.

Compreso il TIR in contromano contro cui a volte vanno a sbattere mentre, guidando con una mano e con l’altra attaccata al loro blackberry del cazzo, leggono con sbavante urgenza l’ultimo spam della loro vita.

Che, fino a che è la loro, mi va anche bene che si esaurisca in una bella montagna di rottami, ma quando tra quei rottami c’è qualche povero bastardo che il cellulare magari manco ce l’aveva, allora i coglioni mi girano davvero.

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Baghera

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