Dalle nebbie del tempo: superare un limite

La nebbia di oggi, originariamente postata nel Marzo 2009
Ricerca della verità: superare un limite. Anzi, no: perforarlo.
Pubblicato originariamente il: 23/03/09.
Sabato ho avuto una delle più grosse e sfacciate fortune della mia vita. Ero lì mentre Franz superava un limite. Ed è stato uno dei momenti più belli della mia vita. Per qualche secondo infatti ho sperimentato una possibilità di essere totalmente diversa da quella che è dato vivere abitualmente.
No, non mi sono sdoppiato e non soffro di schizofrenia. E’ un modo naturale di riferirsi a quella parte di se’ che si riesce ad osservare. In terza persona, in quanto appunto viene vista con distacco.
Avevo un appuntamento a Cannes in mattinata, dopodiche mi sono ritrovato libero per il resto del giorno.
Da tempo stavo cercando il modo di superare un limite che mi stava particolarmente sulle palle: la paura delle pieghe in moto. Non che non ne facessi, ma c’era sempre quel disagio, quella tensione, che mi impedivano di fare delle curve come dio comanda, e quindi di fatto anche di sostenere percorsi impegnativi a velocità significative.
Ricordavo di una strada, proprio sopra Cannes, circa sei chilometri di misto medio, con curve a gomito, tornanti ma anche curve morbide e progressive alternate a rettilinei di qualche centinaio di metri. L’ideale insomma per esercitare staccate e “ribaltamenti” del mezzo. Ho preso al volo l’occasione e mi ci sono diretto.
Qui è entrata in gioco la prima delle tre “K” fondamentali nella vita: il Kulo! Tempo perfetto, un po’ fresco ma secco, asfalto più che decente e praticamente zero traffico.
Al primo giro sui sei chilometri in questione, non ho fatto nulla, semplicemente ho guardato quello che mi accadeva. I riflessi condizionati, i movimenti automatici, dove andava il peso del corpo, in che posizione mi mettevo rispetto al mezzo; e naturalmente la paura.
Paura sotto forma di diffidenza, di molte scuse che mi davo per non spingere sull’acceleratore e non piegare quella fottuta moto.
Una paura si è rivelata fondamentale: quella che il treno posteriore potesse scivolare durante una piega e sbattermi per terra insieme al mio unico mezzo di locomozione. Il tutto nel cuore della provenza su una strada pressoche deserta.
Individuata la paura fondamentale, è entrata in azione la seconda delle tre “K”: la Koncentrazione. Ho ripercorso la strada in senso inverso, ma questa volta mantenendo una mira: quella di piegare la moto un po’ di più ad ogni curva. Senza darmi del pirla se non ci riuscivo e senza darmi del dio se invece gliela facevo.
Ho così ripercorso i sei chilometri in concentrazione, pensando solo a spingermi al limite della mia paura e… un po’ più in là. Non tanto, solo un poco, riuscendo una curva si e tre no, ma senza giudizio su quello che riuscivo a fare.
Al terzo giro è successo qualcosa. Ho sentito come una scossa all’interno e improvvisamente della paura non è rimasta alcuna conseguenza.
Ancora presente nella sua esistenza intrinseca, la paura non aveva più alcuno spessore, come dissolta. Ho avuto la sensazione di aver “bucato” qualcosa. Come un uomo immerso sotto una calotta di ghiaccio che, a furia di capocciate, esca di colpo con la testa all’aria aperta.
Ho iniziato ad accelerare e ad inclinare la moto sempre di più, di più, di più, fino a che sono arrivato a toccare terra con una mano… e raccogliere un sasso.
Quel singolo istante si è dilatato, in una velocità percettiva del tutto inusuale e in una percezione espansa del mio corpo, della moto, della strada, dell’asfalto, della natura tutto attorno e di quella al mio interno; dei meccanismi motori quanto di quelli emotivi e mentali.
Era tutto… allineato. Corpo, mente ed emozioni tutte assieme. E qualcuno a guardare tutto questo mentre accadeva.
Forse un salto d’ottava. Forse no. Ma alla fine: che importa? La sensazione che ho provato è stata la più bella della mia vita.
E ancora oggi qualcos’altro prosegue a lavorare, come se quell’esperienza non fosse conclusa ma avesse messo in moto mille altri percorsi, mille altre conseguenze.
Una fra tutte, un nuovo osservatore.
