Ricordare le vite passate… utilità o condanna?

Ponia­mo, per como­di­tà di inten­ti, che la rein­car­na­zio­ne sia una teo­ria asso­da­ta. E per qual­che minu­to, fate fin­ta di cre­der­ci (mi spia­ce, ma io non ho biso­gno di far finta…)

Il ricor­do di se’, pri­ma o poi, impli­ca il ricor­do di pas­sa­te incar­na­zio­ni. Que­sto è un dato di fat­to. Nel sen­so che, se ti ricor­di di TUTTA la tua sto­ria non puoi che ricor­dar­ti, oltre che di quel­lo che fai, pen­si e dici in que­sta incar­na­zio­ne, anche di ciò che hai fat­to, det­to e pen­sa­to in incar­na­zio­ni pas­sa­te, altri­men­ti come ricor­do di te non è che sia il massimo…

Ergo, ponia­mo pure che uno si ricor­di di esse­re sta­to Napo­leo­ne, Cesa­re o la Regi­na Mar­ga­reth (oh… mai uno che si ricor­di di esse­re sta­to uno spaz­za­ca­mi­no del­l’e­ra vit­to­ria­na, per carità…).

Il pano­ra­ma che ti si pro­spet­ta è il seguen­te: in que­sta vita sei un macel­la­io di Fro­si­no­ne (sen­za nul­la toglie­re ai macel­lai di Fro­si­no­ne)… come caz­zo fai a con­ci­lia­re quel­lo che ricor­di degli splen­do­ri del­la tua pas­sa­ta esi­sten­za con quel­lo che ti suc­ce­de in que­sta vita? Eh si, per­chè anche se sei il re del­la coto­let­ta, in con­fron­to a un Napo­leo­ne, comun­que non sei un gran che, oggi.

Se non ti par­te la para­no­ia, come mini­mo ti par­te il film. Dicia­mo che in que­sto caso, ricor­da­re è solo una condanna.

Ma se per caso ti ricor­di di quan­do nel 1800 face­vi il medi­co del vil­lag­gio, e cura­vi con le erbe, ecco che la fac­cen­da cam­bia: oggi puoi ricor­dar­ti come cura­re la got­ta (una sfi­ga che sta ritor­nan­do ad afflig­ge­re l’u­ma­ni­tà a cau­sa di un’a­li­men­ta­zio­ne smo­da­ta­men­te iper­pro­tei­ca) gra­zie a due erbe che si tro­va­no como­da­men­te nel giar­di­no del vicino.

Fan­ta­sti­co! Pec­ca­to che, se ti azzar­di a risol­ve­re il pro­ble­ma a qual­cu­no, rischi di fini­re in gale­ra per eser­ci­zio abu­si­vo del­la pro­fes­sio­ne medi­ca. Non solo: nel frat­tem­po le erbe in que­stio­ne sono cam­bia­te e, con loro, sia il gene­re uma­no che la got­ta. Risul­ta­to: quel­lo che ricor­di non ser­ve a un caz­zo: altra fru­stra­zio­ne, altra sclerata!

Ma met­tia­mo che inve­ce tu sia uno che ricor­da sem­pli­ce­men­te altri tem­pi, in cui l’es­se­re uma­no, più vici­no a ad una dimen­sio­ne di ricer­ca e di inte­rio­ri­tà, vive­va secon­do cano­ni com­ple­ta­men­te diversi.

Cano­ni che OGGI non sono comun­que imple­men­ta­bi­li facil­men­te ma che, se adat­ta­ti alla testa del­le per­so­ne che vivo­no OGGI, potreb­be­ro dare loro quel risto­ro, quel­l’ar­mo­nia e quel­la capa­ci­tà di pene­tra­zio­ne nel­le leg­gi di natu­ra che sem­bra­no OGGIGIORNO così lon­ta­ne da qual­sia­si logica.

Allo­ra si che la fac­cen­da cam­bie­reb­be, no? Si potreb­be dav­ve­ro sug­ge­ri­re un diver­so meto­do di vita alle per­so­ne, un diver­so modo di sta­re al mon­do che potreb­be dare un sen­so del tut­to dif­fe­ren­te ad una vita sem­pre più svuo­ta­ta di ogni valo­re, di ogni signi­fi­ca­to degno di tal nome…

Risul­ta­to: alla fine chi se ne fre­ga di chi sei sta­to, e di quan­to eri figo: se ti attac­chi a ‘ste stron­za­te, va a fini­re che scle­ri e basta.

Alla fine, quel­lo che dav­ve­ro ha un sen­so è, come sem­pre, quel­lo che c’è qui. Di quel­lo che c’è sta­to pri­ma… lascia­mo che se ne occu­pi­no gli sto­ri­ci, che così han­no il loro gio­cat­to­lo pre­fe­ri­to: il passato.

Per­chè quel­lo che dav­ve­ro ha un sen­so, che dav­ve­ro impor­ta, che dav­ve­ro ha un sen­so vive­re.… è il presente!

Lo dice anche Kung Fu Panda.…

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Lucia

Le paro­le sono San­te… Met­te­re in pra­ti­ca la que­stio­ne del cam­bia­men­to di coscien­za OGGI (anche su se stes­si, benin­te­so) è un lavo­ret­to da Man­dra­ke… Ma for­se… In effet­ti… Se la met­ti sul pia­no di Kung Fu Pan­da! :bye: