Per servire e proteggere…

E’ il mot­to del­la poli­zia ame­ri­ca­na: “To Ser­ve and Pro­tect”. Lo leg­gi dap­per­tut­to: sul­le auto, nei distret­ti di poli­zia, sui distin­ti­vi. Il popo­lo ame­ri­ca­no, straor­di­na­ria­men­te gio­va­ne, ne fa un valo­re, un “aim”: uno sco­po, una mira.

Ma noi.… uomi­ni e don­ne del­la vec­chia Euro­pa, spet­ta­to­ri di una incre­di­bi­le serie di seco­li di re, domi­na­to­ri, con­qui­sta­to­ri e gen­dar­mi… cosa mai potrem­mo pen­sa­re o rea­liz­za­re di un mot­to del genere?

Per ser­vi­re e per pro­teg­ge­re. Ser­vi­re chi? E pro­teg­ge­re chi da chi?

Il pro­ble­ma è sem­pre lo stes­so (in Ame­ri­ca come in Euro­pa). Le cose par­to­no con le miglio­ri inten­zio­ni, ma poi, stra­na­men­te, pie­ga­no ver­so il disastro.

In un film di fan­ta­scien­za, ho sen­ti­to una fra­se mera­vi­gli­sa, un con­cen­tra­to di sag­gez­za che riguar­da­va pro­prio l’a­spet­to del­l’or­di­ne pub­bli­co. Più o meno dice­va così:

“I mili­ta­ri ser­vo­no per difen­de­re un popo­lo da nemi­ci ester­ni ai con­fi­ni del suo ter­ri­to­rio, men­tre la poli­zia ser­ve per difen­de­re il popo­lo dal­le minac­ce interne.

Quan­do i mili­ta­ri ven­go­no chia­ma­ti a svol­ge­re com­pi­ti di poli­zia, può suc­ce­de­re che il nemi­co diven­ti il popolo”.

Cre­do di aver rara­men­te sen­ti­to un con­cen­tra­to di sag­gez­za di que­sto livel­lo, se non negli scrit­ti di Sene­ca e Platone.

Quan­do qual­cu­no ritie­ne di dover difen­de­re qual­cun altro da se’ stes­so, avo­ca a se’ l’au­to­ri­tà di gestir­ne la vita. E que­sto è total­men­te inac­cet­ta­bi­le da par­te di chic­ches­sia nei con­fron­ti di chiun­que (fat­te sal­ve for­se le ecce­zio­ni di colo­ro che sof­fro­no di gra­vis­si­mi squi­li­bri mentali).

Nel­la real­tà dei fat­ti, nel­la comu­ne acce­zio­ne dei ter­mi­ni, quan­do un’au­to­ri­tà ini­zia a chie­de­re alla popo­la­zio­ne di rinun­cia­re a sem­pre mag­gio­ri par­ti del­la pro­pria liber­tà in cam­bio di una sup­po­sta (in ogni sen­so) sicu­rez­za, non fa altro che com­por­tar­si come il capo­rio­ne mafioso.

In effet­ti sta alla popo­la­zio­ne non accet­ta­re que­sto scam­bio ini­quo. Sta al popo­lo riven­di­ca­re la pro­pria sovra­ni­tà, basa­ta e costrui­ta sul­le sin­go­le indi­vi­dua­li­tà, sul­le per­so­ne che ne com­pon­go­no l’entità.

E’ in effet­ti un rove­scia­men­to com­ple­to del con­cet­to di respon­sa­bi­li­tà: l’in­di­vi­duo è respon­sa­bi­le per gli atti che il popo­lo com­met­te, e non vice­ver­sa. Solo in que­sto modo l’au­to­ri­tà costi­tui­ta sarà a tut­ti gli effet­ti depo­si­ta­ria di un’au­ten­ti­ca dele­ga ad agi­re, in quan­to com­po­sta da indi­vi­dui la cui coscien­za poli­ti­ca e socia­le ha le suo soli­di ori­gi­ni nel­le stes­se ori­gi­ni del popo­lo, ed è quin­di fuo­ri da ogni discussione.

Fare poli­ti­ca vie­ne spes­so visto come un mestie­re spor­co (e pos­so capir­lo sen­za dif­fi­col­tà). Ma la real­tà è che nel momen­to in cui io cit­ta­di­no cam­mi­no per la stra­da, sto già “facen­do politica”.

Quel­lo che gli ita­lia­ni sem­bra­no non voler capi­re (e che inve­ce Machia­vel­li e Lao Tzu ave­va­no capi­to alla per­fe­zio­ne) è che anche l’i­gna­via è un atto poli­ti­co. Il non agi­re è esso stes­so azio­ne, nel­l’i­stan­te in cui con­sen­te ad altri di esple­ta­re altre azioni.

Quin­di dire che “io la poli­ti­ca la lascio ad altri” non signi­fi­ca esse­re puli­ti ma sem­pli­ce­men­te pusil­la­ni­mi. Signi­fi­ca abdi­ca­re la pro­pria indi­vi­dua­li­tà in modo acri­ti­co, ace­fa­li­co e irre­spon­sa­bi­le, in favo­re di non si sa chi, pur­chè ci sia dato il dirit­to di dir­ne male.

Cer­to, si può non riu­sci­re ad entra­re nel mon­do del­la poli­tit­ca diri­gen­zia­le, e que­sto è qual­co­sa che ha un suo sen­so ogget­ti­vo. Ma il pro­ble­ma è quan­do rinun­cia­mo a fare poli­ti­ca nel­la nostra vita. Quan­do rinun­cia­mo a dire la nostra opi­nio­ne, ad esem­pio, o quan­do non fac­cia­mo nul­la per difen­de­re qual­cu­no a cui in quel momen­to vie­ne impe­di­to di “fare politica”.

Que­sto è qual­co­sa che impli­ca costru­zio­ne di se’, del­la pro­pria indi­vi­dua­li­tà, del­la pro­pria eti­ca e del­la pro­pria “figu­ra politica”.

Occor­re esse­re degli indi­vi­dui per ave­re un’o­pi­nio­ne, altri­men­ti assu­me­re­mo sem­pli­ce­men­te quel­la di chi ne offre una che non ci pone trop­po in attrito.

Occor­re esse­re del­le per­so­ne per espri­me­re un’o­pi­nio­ne, maga­ri con­tra­ria a quel­la di tut­ti gli altri, e per bat­ter­si non per l’o­pi­nio­ne in sè, ma per la liber­tà di poter­la espri­me­re (cfr. Voltaire).

Occor­re esse­re del­le per­so­ne fini­te, nel sen­so di com­piu­ta­men­te indi­vi­dua­li, per accet­ta­re di far par­te di un popo­le e, insie­me a tut­ti gli altri, deci­de­re chi può e chi non può reg­ge­re le sor­ti di tuttti.

Sen­za per­so­ne, sen­za indi­vi­dui, sen­za coscien­za non vi è altro che mec­ca­ni­ci­tà, pas­si­vi­tà e nullità.

In assen­za di indi­vi­dua­li­tà, chiun­que può deci­de­re. Il pro­ble­ma è che que­sto è esat­ta­men­te quel­lo che succede!

Con la bef­fa in più che ci fan­no cre­de­re di aver deci­so qual­co­sa, quan­do in real­tà sia­mo sem­pli­ce­men­te pas­sa­ti da un con­di­zio­na­men­to all’altro.

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valentina petrova

“…In assen­za di individualità,chiunque puo decidere.Il pro­ble­ma è che que­sto è esat­ta­men­te quel­lo che succede…“Caro Franz,in que­sto esat­to momento,in cui scrivo,tutto il mio stato,Bulgaria,si tro­va in una con­di­zio­ne ‚chia­ma­ta cala­mi­tà naturale,tonnellate di neve e ghiaccio,e ven­ti geli­di che non ci dan­no tre­gua da settimane;fiumi straripano,il mare abbat­te ed ingo­ia inte­re fasce dal­le rive in misu­re spaventose,le onde vio­len­te e orri­bil­men­te enormi,hanno pie­tri­fi­ca­to le dighe,i porti,..le bar­che dei pescatori,ed ogni ogget­to e cose in altez­ze e lar­ghez­ze impressionanti.…Questo per lo Stato.Invece,la campagna,il pae­se in cui abi­to io,chiamato Bisser,regione di Haskovo,comune di Harmanli…è sta­to a metà sepolto,travolto,inondato,distrutto in ogni suo aspet­to vitale.Sto dicendo,che ‚per col­pa di“ignoti“uno dei laghi artificiali,distante a 14 km da qui…letteralmente è esploso,perche non ce la face­va a sta­re Sigil­la­to da 10 anni e con­te­ne­re le sue acque…Quindi,la mor­te è avve­nu­ta in giro di 15 min,le case distrutte,gli ani­ma­li e i uma­ni han­no per­so la vita nel­le onde geli­de del fiume…E ci sono piu di tre miglia di laghi e micro­la­ghi in Bulgaria,i qiali,non sia­mo cer­ti di chi li “governa”…Lo sape­va­mo tutti.Il popo­lo sa,…ma tace.…si sà sem­pre tutto,ma non si dice niente;la “filo­so­fia degli” indi­vi­dui” ‚stà di fatto,è la seguente“sto cer­can­do di vive­re IO,non gli altri.Mi inte­res­sa il denaro,non la societò”…E quan­do suc­ce­do­no tra­ge­die da que­sta portata?!…Non so cosa dire,se non que­sto-dire la verità,esprimere la pro­pria opinione,essere UMANI…è “roba“da Dio,non và per la plebe,per i nullità.…Ho rac­con­ta­to la storia,per rispon­de­re al tema ‚trat­ta­to nel post,dando esem­pio dal “vivo”…Adessso devo anda­re a lot­ta­re per la mia sopravvivenza,letteralmente…Ma,è un’al­tro pro­se­gui­men­to del­la tragedia,con il titolo‑I soprav­vis­su­ti ce ne pentiremmo…per essere…sopravvissuti…appunto!Un caro salu­to a te,Franz,ma anche all’Italia,che è sta­ta la pri­ma ad aiu­ta­re con ten­de ed altro…l’ho capi­to da un’articolo.…

Franz

Cara Valen­ti­na. Mi spia­ce mol­to leg­ge­re di que­ste con­di­zio­ni. Per ora pos­so solo esser­ti accan­to con il cuo­re, e spe­ra­re che il doma­ni por­ti con­di­zio­ni meno devastanti. 

Un gran­de abbraccio!
:embra­ce:

valentina petrova
Reply to  Franz

Gra­zie ‚Franz.Condividerò il tuo abbrac­cio con altre persone,che devo­no lot­ta­re da sole,come me,per supe­ra­re que­sto inferno.La com­pren­sio­ne di chi è lon­ta­no fisicamente,ma vici­no con il cuore,import mol­tis­si­ma for­za psichica.Grazie anco­ra! :embra­ce: