Hunger – By Giuseppe

Un film molto crudo, Hunger; un film crudo e carnale che sembra non raccontare nulla di nuovo ma che, tra le pieghe, ci mostra il coraggio e la determinazione di uomini e donne disposti a tutto per conservare la propria dignità.

La storia, raccontata magistralmente dal regista Steve Mc Queen, è quella della “Protesta delle coperte” e della “Protesta dello sporco” e vede come protagonista Bobby Sands (Michael Fassbender), attivista dell’IRA imprigionato assieme a molti altri nel carcere di Maze.

Ed è lì che si svolge quasi tutto il film, in quel carcere di Long Kesh chiamato “Il Labirinto” dove anche lo spettatore –  grazie alle “inquadrature fisse” usate dal regista – è costretto a passare un paio d’ore della propria vita scoprendo qualcosa della vita dura del carcere (sia per i carcerati che per i secondini) e del carattere forte e tenace di questi uomini dell’Irlanda del Nord.

La storia, come già detto, non è piacevole, sicuramente non adatta ai “deboli di stomaco”: sangue, sterco, pestaggi, carni tumefatte, e il peso di lunghe giornate animate solo dalla speranza di ottenere alcuni riconoscimenti (di status di “prigionieri politici”) dal Governo Britannico capeggiato dalla Lady di Ferro: il Primo Ministro Margaret Tatcher, e giornate animate dalla propria dignità di essere uomini “fieri”, non “femminucce” schiavizzate dal governo Britannico.

E non si può certo dire che siano stati appunto “femminucce” quegli uomini che nel 1981, in quel carcere, hanno saputo affrontare sempre a testa alta ogni sorta di umiliazione fisica e morale senza mai cedere, senza accettare compromessi.

Il film non giudica, non prende parte in favore di una parte piuttosto che dell’altra, ma si limita a mostrare le vicende che portarono Bobby Sands e altri suoi compagni a intraprendere un digiuno a oltranza per far valere i propri diritti.

L’interpretazione di Michael Fassbender è di forte impatto, ed è incredibile come sia riuscito a calare di peso per rendere più reale il suo personaggio.

Bella e rivelatrice la lunga scena del colloquio di Bobby Sand con padre Dominic Morran, scena nella quale il sacerdote, irlandese anche lui, tenta di convincere il giovane detenuto ad usare la sua influenza di capo per “addolcire” il comportamento dei suoi compagni.

Veramente una bella scena, sia per i dialoghi, la recitazione e gli effetti, che per la forte pregnanza dei due personaggi: entrambi uomini pratici, aperti, franchi, leali…una scena in cui il giovane rivela al prete che in molti hanno deciso di iniziare a turno lo sciopero della fame, sino alla morte se necessario, e si capirà che Bobby porterà avanti il suo disegno senza cedere di un passo.

Dopo oltre sessanta giorni di digiuno il giovane morirà in quel carcere, seguito da altri suoi compagni.

Dopo alcune di queste morti – che sarebbero proseguite a oltranza – il Governo della Tatcher concede ai detenuti i diritti politici da loro richiesti.

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