Ritornare a sognare per evolversi
Nella mia biblioteca, una bella fetta di libri e romanzi sta nel settore fantascienza. Ne ho letti a tonnellate, di questo genere.
Oggi di fantascienza “classica” se ne scrive poca, ma nei decenni passati, dal mitico “Ralph 124c 41+”, ne uscivano a decine di romanzi di questo genere.
La fantascienza di un certo tipo, quella che si divertiva ad ipotizzare mondi lontani, tecnologie sconosciute (spesso anticipando invenzioni reali) e società completamente diverse dalla nostra… sembra sparita.
Oggi facciamo fatica ad immaginare qualcosa che non sia un’evoluzione di quello che abbiamo, mentre solo fino ad una quarantina d’anni fa si sognavano cose nuove, che non esistevano, neppure in embrione.
Un po’ forse è il cinema, che con la grafica computerizzata ha reso verosimili cose che ancora non possono esistere, ma la realtà è che secondo me è la nostra fantasia ad aver subito un colpo mortale.
Come la tecnologia d’altronde: quanto tempo è che non sentiamo la notizia di una scoperta fondamentale, di quelle che ti cambiano la vita? Eppure nel secolo scorso è successo di tutto, dal telefono alla radio, dal radar al laser, all’energia nucleare, ai computer, ai telefoni cellulari… una vera esplosione di invenzioni e scoperte che hanno letteralmente ribaltato la vita dell’essere umano.
Per inventare qualcosa di nuovo bisogna prima ipotizzarlo, e per ipotizzarlo bisogna avere, innanzitutto fantasia. Senza fantasia come fai ad andare a cercare qualcosa di nuovo? Non stiamo parlando di fantasia brada, ovviamente, ma di quella capacità di sognare quello che ancora non c’è, che è alla base dell’innovazione.
Per l’amor del cielo… ogni giorno spunta qualcosa di più avanzato in quasi ogni campo della tecnologia, ma si tratta sempre di miglioramenti, evoluzioni, mai di qualcosa di radicalmente nuovo!
Questo, forse più di ogni altro, è davvero un segno di questi tempi oscuri: l’incapacità di generare il nuovo. Miglioriamo, perfezioniamo, ma non inventiamo più nulla.
Una vecchia massima dell’esoterismo dice che “tutto ciò che l’uomo inventa e scopre non viene da lui”. Con ciò intendendo che le nuove idee provengono da dimensioni più rarefatte ( e la scoperta del benzene, come molte altre “balenate” nella mente di scienziati e inventori dovrebbe fare capire che non si tratta solo di un modo di dire…).
In questi tempi oscuri, il cuore degli uomini si rivolge sempre meno a mondi più elevati, a ideali e idee raffinate e luminose; da un lato per motivi evolutivi, dall’altro per motivi molto più materiali: siamo tutti troppo occupati a sopravvivere (o a mantenere un assurdo tenore di vita) per riportare i nostri pensieri in quelle dimensioni da cui abbiamo attinto a piene mani fino a poco tempo fa.
E fino a che non apprenderemo nuovamente l’arte di collegarci ad energie luminose, temo che di cose belle ne vedremo sempre meno; lo dice anche Lama T., nell’articolo che sto traducendo proprio in questi giorni e che comparirà presto sul sito di Antaratman Yoga… e se lo dice lui…
io sto aspettando il teletrasporto!
Fermo restando quello che dici tu e cioè che l’uomo di oggi merita MENO di fare nuove scoperte io aggiungo un paio di mie considerazioni. La minore creatività o inventività è dovuta al fatto che scoprire cose nuove ora richiede più fatica. All’inizio si scoprono le cose più “evidenti” e poi mano a mano le cose sempre più nascoste e meno evidenti… queste si fanno anche scoprire ma hanno bisogno di più energia evidentemente (pensa agli immensi impianti di cui abbisogna la fisica delle particelle di oggi… e pensa quello che la Curie ha scoperto invece senza praticamente niente). Comunque nuove scoperte vengono fatte… per dire questa qui.
http://phys.org/news/2013–10-material-visible-infinite-wavelength.html
Concordo su quasi tutto… tranne una cosa: prima le cose più “evidenti”. Questo sarebbe vero, ipotizzando che ci fosse una quantità finita di scoperte da fare e stessimo andando verso cose solo più fini. Il che potrebbe anche essere ma sono quasi certo che sia un problema del metodo di indagine utilizzato, oltre a quanto già detto nell’articolo.
In ogni caso, grazie del passaggio e del comento