Non è un segreto che in questi ultimi anni la superficialità sia sempre più elevata e capillarmente diffusa nel tessuto sociale; contenuti iniqui, molto più spesso idioti, circolano con sempre maggiore frequenza ovunque, sui social network, in rete, ma anche e soprattutto nei rapporti umani.
Il numero di persone che prende per oro colato qualunque stronzata venga detta da chiunque, senza controllo, senza attenzione, senza un minimo di pensiero dedicato, è in impennata drastica
Causa, corollario e beneficiario di tutto questo sono principalmente i media che ormai fanno di tutto per mantenere lo stato delle cose e, anzi, per aggravarlo sempre di più.
Ma non dimentichiamo i cosiddetti “vip” che, purtroppo, costituiscono spesso un modello cognitivo e comportamentale per il popolo comune, e che non solo se ne fregano della responsabilità che questo comporta ma che sono sempre più “sponsor” di valori di basso livello (quando va bene).
E non dimentichiamo neppure le persone più comuni che commentano o presentano contenuti al mondo, spesso consapevolmente di basso rango, solo perchè “sono contenuti che vendono”.
Abbiamo un mondo sempre più popolato di ciarlatani, di gente che propone idiozie camuffate da verità scientifiche, spesso abusando semplicemente di terminologie di tendenza e approfittandone per divulgare contenuti privi di significato e di qualunque efficacia o radice culturale autentica.
Per finire (anche se si potrebbe ben proseguire) ci sono quelli che sanno perfettamente quello che fanno e non si accontentano di vendere carta straccia, ma sfruttano questi meccanismi per divulgare contenuti pericolosi o dannosi, ben conoscendone la natura.
Ad esempio, insegnare tecniche di respirazione o fisiche senza avere la benché minima idea di quello che producono, oppure alterandole in minima parte ma sufficiente a volgerne l’efficacia in direzione involutiva.
Oppure propinando concetti del tutto “neri” e facendoli passare per evolutivi. Ma anche semplicemente rendendosi compllici della propagazione di un moralismo asfissiante, oppure di un modo di pensare limitante e che porta contro le libertà individuali.
Io ritengo che chiunque abbia un minimo di sale in zucca e si avveda di atteggiamenti come questi, non abbia più il diritto di tacere. Ritengo anzi che abbia il sacrosanto dovere di intervenire direttamente contro tutto ciò.
La superficialità va combattuta, innanzitutto confutando con lucidità ciò che non porta da nessuna parte. E questo vale per tutto: dalle leggi agli atteggiamenti, dagli articoli alle parole del vicino di casa. Poi cercando di approfondire il proprio pensiero, la propria capacità critica e la propria cultura e quindi diffondendola con i mezzi straordinari che questa epoca ci mette a disposizione.
Non sto parlando di agire in modo polemico, magari cristallizzandosi in interminabili discussioni o litigi. Sto parlando di esprimere un dissenso tutte le volte che inciampiamo in una qualsiasi iniquità. Non serve molto: a volte basta alzare un sopracciglio in silenzio, di fronte alla sciocchezza di un collega o di un amico. Altre volte è sufficiente parlare ed esprimere con chiarezza il proprio pensiero, fregandosene del fatto che si guadagni o meno l’approvazione del resto del mondo (dove per mondo intendo quello locale, contenuto e relativo delle nostre cerchie personali).
Sto parlando di non promulgare in continuazione contenuti allarmisti o pregiudizievoli della libertà di qualcuno. Se qualcosa non ci convince, non condividiamolo, non parliamone, non diamo atto alla possibilità che quel contenuto si diffonda.
Se un articolo su un giornale dà per scontato qualcosa senza fornire alcuna prova, non condividiamolo, non diamogli il potere di diventare fonte di condanna mediatica.
Ma non c’è solo quello che possiamo “non” fare, chiaramente. C’è anche quello che possiamo fare. Attivamente. Ad esempio condividere quei contenuti che ci sono propri, la nostra esperienza o quello che abbiamo imparato magari in anni di studio o di vita.
Oppure condividere quei contenuti altrui che ci sembrano sensati, che ci danno la sensazione di fornire un valore aggiunto, che si tratti di un consiglio pratico o di una considerazione di pensiero poco importa.
Non bruciamo i contenuti di valore come se fossero caramelle. Troviamo su Facebook qualcosa che ci piace, che ci regala un momento di riflessione? Non bruciamolo con un “Mi Piace” ad minchiam e via. Condividiamolo, rendiamolo noto.
E se qualcuno attacca criticamente qualcosa e noi non siamo d’accordo, interveniamo nella discussione, non stiamo in disparte perchè “tanto non ce ne viene nulla in tasca”.
Ad ogni parola che non difendiamo quando dovremmo, muore un grammo della nostra libertà.
Ad ogni cretino a cui concediamo il diritto del tutto immeritato di contrastare con luoghi comuni, idioti come lui o lei, una verità, per quanto semplice, la nostra evoluzione fa un passo indietro.
Ad ogni parola che non diciamo quando vorremmo per paura di non essere apprezzati da chi ci sta intorno, la nostra dignità scende di un gradino.
Io non so se ci sarà una “fine del mondo” su scala globale. Ma sono certo che in questo periodo per ognuno di noi giunga una “fine del mondo” personale, individuale. Credo che sia giunto il momento per ognuno di noi non solo di decidere se stare dalla parte del buio o della luce, ma anche di mettere in atto praticamente questa decisione. Non solo astenendosi quindi ma dandosi da fare.
Perchè ricordiamoci che se il bene non fa nulla, allora il male vince.
Essere guerrieri contro la superficialità: qui ed ora, con il comportamento e l’esempio personale.
Non è un segreto che in questi ultimi anni la superficialità sia sempre più elevata e capillarmente diffusa nel tessuto sociale; contenuti iniqui, molto più spesso idioti, circolano con sempre maggiore frequenza ovunque, sui social network, in rete, ma anche e soprattutto nei rapporti umani.
Il numero di persone che prende per oro colato qualunque stronzata venga detta da chiunque, senza controllo, senza attenzione, senza un minimo di pensiero dedicato, è in impennata drastica
Causa, corollario e beneficiario di tutto questo sono principalmente i media che ormai fanno di tutto per mantenere lo stato delle cose e, anzi, per aggravarlo sempre di più.
Ma non dimentichiamo i cosiddetti “vip” che, purtroppo, costituiscono spesso un modello cognitivo e comportamentale per il popolo comune, e che non solo se ne fregano della responsabilità che questo comporta ma che sono sempre più “sponsor” di valori di basso livello (quando va bene).
E non dimentichiamo neppure le persone più comuni che commentano o presentano contenuti al mondo, spesso consapevolmente di basso rango, solo perchè “sono contenuti che vendono”.
Abbiamo un mondo sempre più popolato di ciarlatani, di gente che propone idiozie camuffate da verità scientifiche, spesso abusando semplicemente di terminologie di tendenza e approfittandone per divulgare contenuti privi di significato e di qualunque efficacia o radice culturale autentica.
Per finire (anche se si potrebbe ben proseguire) ci sono quelli che sanno perfettamente quello che fanno e non si accontentano di vendere carta straccia, ma sfruttano questi meccanismi per divulgare contenuti pericolosi o dannosi, ben conoscendone la natura.
Ad esempio, insegnare tecniche di respirazione o fisiche senza avere la benché minima idea di quello che producono, oppure alterandole in minima parte ma sufficiente a volgerne l’efficacia in direzione involutiva.
Oppure propinando concetti del tutto “neri” e facendoli passare per evolutivi. Ma anche semplicemente rendendosi compllici della propagazione di un moralismo asfissiante, oppure di un modo di pensare limitante e che porta contro le libertà individuali.
Io ritengo che chiunque abbia un minimo di sale in zucca e si avveda di atteggiamenti come questi, non abbia più il diritto di tacere. Ritengo anzi che abbia il sacrosanto dovere di intervenire direttamente contro tutto ciò.
La superficialità va combattuta, innanzitutto confutando con lucidità ciò che non porta da nessuna parte. E questo vale per tutto: dalle leggi agli atteggiamenti, dagli articoli alle parole del vicino di casa. Poi cercando di approfondire il proprio pensiero, la propria capacità critica e la propria cultura e quindi diffondendola con i mezzi straordinari che questa epoca ci mette a disposizione.
Non sto parlando di agire in modo polemico, magari cristallizzandosi in interminabili discussioni o litigi. Sto parlando di esprimere un dissenso tutte le volte che inciampiamo in una qualsiasi iniquità. Non serve molto: a volte basta alzare un sopracciglio in silenzio, di fronte alla sciocchezza di un collega o di un amico. Altre volte è sufficiente parlare ed esprimere con chiarezza il proprio pensiero, fregandosene del fatto che si guadagni o meno l’approvazione del resto del mondo (dove per mondo intendo quello locale, contenuto e relativo delle nostre cerchie personali).
Sto parlando di non promulgare in continuazione contenuti allarmisti o pregiudizievoli della libertà di qualcuno. Se qualcosa non ci convince, non condividiamolo, non parliamone, non diamo atto alla possibilità che quel contenuto si diffonda.
Se un articolo su un giornale dà per scontato qualcosa senza fornire alcuna prova, non condividiamolo, non diamogli il potere di diventare fonte di condanna mediatica.
Ma non c’è solo quello che possiamo “non” fare, chiaramente. C’è anche quello che possiamo fare. Attivamente. Ad esempio condividere quei contenuti che ci sono propri, la nostra esperienza o quello che abbiamo imparato magari in anni di studio o di vita.
Oppure condividere quei contenuti altrui che ci sembrano sensati, che ci danno la sensazione di fornire un valore aggiunto, che si tratti di un consiglio pratico o di una considerazione di pensiero poco importa.
Non bruciamo i contenuti di valore come se fossero caramelle. Troviamo su Facebook qualcosa che ci piace, che ci regala un momento di riflessione? Non bruciamolo con un “Mi Piace” ad minchiam e via. Condividiamolo, rendiamolo noto.
E se qualcuno attacca criticamente qualcosa e noi non siamo d’accordo, interveniamo nella discussione, non stiamo in disparte perchè “tanto non ce ne viene nulla in tasca”.
Ad ogni parola che non difendiamo quando dovremmo, muore un grammo della nostra libertà.
Ad ogni cretino a cui concediamo il diritto del tutto immeritato di contrastare con luoghi comuni, idioti come lui o lei, una verità, per quanto semplice, la nostra evoluzione fa un passo indietro.
Ad ogni parola che non diciamo quando vorremmo per paura di non essere apprezzati da chi ci sta intorno, la nostra dignità scende di un gradino.
Io non so se ci sarà una “fine del mondo” su scala globale. Ma sono certo che in questo periodo per ognuno di noi giunga una “fine del mondo” personale, individuale. Credo che sia giunto il momento per ognuno di noi non solo di decidere se stare dalla parte del buio o della luce, ma anche di mettere in atto praticamente questa decisione. Non solo astenendosi quindi ma dandosi da fare.
Perchè ricordiamoci che se il bene non fa nulla, allora il male vince.
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