Individualità ed ego non sono la stessa cosa
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L’ego e l’individuo purtroppo vengono spesso confusi ma la realtà è che sono due cose diverse. Anzi: antitetiche. E’ proprio uno dei più grandi inganni di tutti i tempi, quello di far credere che noi siamo il nostro ego.
L’ego peraltro è una struttura presente nell’uomo da molti millenni. L’individualità (o meglio la possibilità di svilupparla) è qualcosa che esiste più o meno da un paio di secoli.
Si, esatto. Fino a pochi anni fa, l’individuo non esisteva (parliamo in senso lato, ovviamente) se non in qualche particolare eccezione. Ed è proprio per questo che l’ego l’ha sempre fatta da padrone, strutturando un falso individuo nel quale tutti noi ci siamo identificati al punto da crederlo “noi”.
La realtà è che l’individuo vero è qualcosa da realizzare, da costruire, a prescindere dall’ego. Una individualità vera è costituita non già da un gruppo, per quanto poco numeroso di “io” che si danno il cambio con il patrocinio della memoria a fare credere al proprietario di essere uno solo, ma da un essere in cui la fusione di tutti i suddetti “io” è avvenuta a favore di un unico, appunto individuo (dal latino Individuus: non divisibile).
L’ego che c’azzecca dunque? L’ego è uno strumento dell’individuo, è quella struttura che gli dovrebbe servire per sperimentare la realtà coordinando i vari sistemi di percezione e sintetizzandone i segnali, elaborati tramite un altro strumento che è la mente.
Quindi un individuo possiede un ego che usa per certi compiti legati alla percezione della realtà.
Invece oggi… l’individuo non esiste (perchè non è indivisibile) ed è stato soppiantato da un ego che, complice la mente, fa credere all’essere umano di essere un individuo quando l’individualità è una condizione da realizzare e non uno stato di fatto.
E’ questo, almeno credo, il più grande inganno del diavolo: aver fatto credere all’uomo di essere già un individuo quando invece diventare tale è proprio uno dei suo compiti principali. Se, per fare un esempio, siamo a Milano ma crediamo di essere a Firenze, dove dovremmo andare, non faremo nulla per prendere un treno, un’auto o un aereo per andare a Firenze, dato che pensiamo di essere già li!
Un individuo non cambia idea o umore a seconda di eventi esterni o interni. La fa se e quando gli serve in una determinata situazione. Le idee cambiano naturalmente ed è giusto che avvenga ma… per evoluzione. Così l’umore, ovvero il nostro stato emotivo, dovrebbe cambiare a seconda di quello che il nostro interiore necessita. Se invece, come accade sempre, cambia a seguito di eventi esterni, in un “non individuo”, genererà un altrettanto automatico cambiamento di atteggiamento emotivo e di conseguenza delle idee ad esso collegate e, per finire, degli atti che faranno seguito alle nuove idee, il tutto in una cascata di eventi del tutto meccanici, automatici.
Un individuo non reagisce: agisce; anche quando l’azione è una risposta ad un evento esterno, quindi una reazione, essa parte sempre da una volontà consapevole, non da un meccanismo di risposta e quindi, in ultima analisi, da un’azione volontaria. Che gli eventi esterni determinino una reazione può avere un senso ma solo se quella reazione nasce come risposta oggettiva ad una condizione oggettiva: se una persona mi minaccia, ad esempio, devo essere in grado di discernere il livello di minaccia, la possibili conseguenze reali e quindi di agire in modo reale, oggettivo. Se di fronte a un bimbo incazzato reagisco con la fuga, o con violenza, sto avendo una reazione automatica. Se me ne frego e passo oltre, non ho avuto alcuna reazione ma ho compiuto un’azione oggettiva passando oltre.
Un individuo sa perfettamente cose vuole e come ottenerlo, ed agisce in armonia con le leggi universali per arrivare a quello scopo. I desideri non sono bisogni. Occorre conoscere la differenza tra i due, perchè i bisogni possono essere oggettivi (pochissimi) e meccanici (moltissimi). I desideri, quelli veri, sono sempre qualcosa di determinato dall’interiore. Per fare un esempio, se ho bisogno di un telefono per lavorare (un bisogno la cui oggettività è tutta da dimostrare), posso comprare un telefono che faccia solo quello che mi serve, oppure, già che ci sono, comprare uno smartphone di ultima generazione. Nel primo caso ho comprato quel che mi serviva, nel secondo, quello in cui mi sono identificato. Se ho fame (bisogno oggettivo: cibo) posso decidere di nutrirmi con quello che mi serve (ad esempio un frutto o un piatto di riso) oppure sedermi al ristorante e far fuori tutto quello che trovo sul menu. Nel primo caso ho agito in modo consapevole, nel secondo (non sempre, eh?) mi sono identificato e ho mangiato quello che mi piaceva e che, di fatto, era ciò che ho imparato a considerare come tale nel corso degli anni a seguito degli ambienti che ho frequentato.
Un individuo ama con tutto sé stesso, compreso l’emotivo, sapendo perfettamente che quest’ultimo è la parte più transitoria e impermanente. Per amare veramente, occorre farlo come “un tutto”. Se una parte di me non ama… semplicemente non sono un individuo. Se mi innamoro, vedo tutto rosa, etc. etc. non è detto che io stia davvero “amando”. Se sono un individuo, questo lo so e posso scegliere cosa fare di conseguenza; anche nulla.
Un individuo non si basa su nessuno: al massimo si affianca ad un altro individuo. Nemmeno ad un Maestro. Un individuo può scegliere volontariamente di sottoporsi al volere di un Maestro, ma rinnoverà ad ogni istante la volontà di farlo, non perdendo mai il ricordo di sé, se non per motivi di servizio, e anche in quel caso per periodi di tempo limitati. Per fare esempi meno estremi, un individuo ascolterà tutti e poi deciderà come agire in base al proprio sentire ed alla propria consapevolezza, non in base a a quelli di chi ha ascoltato. Il fatto che possa decidere di seguire un consiglio non è meccanica ma riconoscimento oggettivo del fatto che la soluzione fornita è migliore di quella precedente.
Un individuo è un essere amorale (non immorale). Essere senza morale non implica essere immorali (cioè non implica andare contro la morale). La morale è un costrutto ideologico del tutto artificiale, generato su basi culturali e comportamentali, che varia ad ogni istante, per ogni persona, per ogni paese etc. etc. Un individuo non ha una sua morale e dunque non agisce secondo essa. Può scegliere di agire secondo una particolare morale per motivi oggettivi, ma non è obbligato a farlo. Ad esempio, un individuo non ha bisogno di usare un linguaggio privo di termini volgari; può scegliere se usare il turpiloquio in ogni e qualsiasi momento, anche di fronte al Papa, per dire ma può anche scegliere di non farlo perchè desidera non offendere la persona con cui sta parlando. E lo desidera non per paura della sua reazione ma per non produrgli una sofferenza inutile. Ciò non toglie che, conoscendo perfettamente il carattere illusorio di quella sofferenza in particolare, decida di usare ugualmente il turpiloquio di cui sopra, in quanto funzionale a quello che deve o vuole fare.
Un individuo conosce la differenza tra bene e male, perchè la sua consapevolezza si situa su un piano in cui il male non ha alcun potere.
Bene e male sono concetti esclusivamente soggettivi se visti al di sotto di un certo livello di evoluzione. Sopra quel livello si ha la percezione di ciò che davvero è “male” ma in quel momento la definizione cambia in modo così sostanziale che, vista dal punto di vista dell’uomo comune, può addirittura apparire rovesciata. Se l’individuo conosce davvero le conseguenze delle proprie azioni, allora saprà ad esempio, che una certa persona non deve essere sollevata dalla sua sofferenza perchè è esattamente quello per la cui realizzazione ha deciso di vivere. Se noi gli togliamo lo scopo della sua crescita, sarà costretto comunque a ripetere quell’esperienza prima o poi, a meno che il nostro agire non sia corredato dagli strumenti necessari a, in qualche modo, sostituire l’esperienza stessa. E’ facile capire che, a meno di essere in possesso di una levatura spirituale straordinaria, agire oggettivamente è qualcosa che si impara progressivamente, mettendo quindi in atto azioni la cui oggettività aumenta gradualmente.
Un individuo agisce in modo perfettamente coerente con i principi che ha realizzato. Se un individuo realizza che la non violenza è un principio universale che va attuato a tutti i costi, sarà perfettamente coerente con quella realizzazione. Se pensate che Gandhi fosse un esempio di questa coerenza, avete perfettamente ragione.
Come si capisce dal piccolo elenco di caratteristiche sopra elencate, siamo nella quasi totalità dei casi, molto lontani dall’essere degli individui. Per arrivarci occorre uno sforzo, quello che viene definito “lavoro su sé stessi”, orientato proprio alla realizzazione di un’individualità, e non di un ego che, purtroppo per noi, è già più che strutturato.
Il percorso verso l’individualità è progressivo, analogico: l’aggregazione di “io” indipendenti al nostro interno in gruppi sempre più coesi e la fusione tra gli stessi per diminuirne il numero è un processo evolutivo progressivo. Quando gli ultimi due gruppi si fondono in un solo “io” allora nasce quel principio definito “io sono”. Dove prima erano molti, ne rimane soltanto uno. E questa è un’esperienza “digitale”: o siamo “molti” o siamo “uno”. Il passaggio dalla prima condizione alla seconda è progressivo, il risultato no.
Ci si vede in giro!