Cosa significa essere un Ricercatore
Rispondo mooooolto volentieri a una domanda che, in modi simili tra loro, mi è stata rivolta in questi giorni da più persone:
“Franz… ma che cavolo è ‘sto ricercatore di cui continui a parlare?”
Cominciamo subito col dire che… un Ricercatore è fondamentalmente un essere umano. Questa persona ha in testa una sola cosa: scoprire la Verità ultima.
Un Ricercatore sa perfettamente che questa che consideriamo realtà, non può assolutamente esserlo, che quello che vediamo sostanzialmente è una pura illusione, che il mondo è si questo ma che noi lo vediamo con degli occhi completamente ciechi e che noi stessi, nel senso di ciò che identifichiamo come tali, non possiamo essere reali per come ci percepiamo.
Non è qualcosa di definito ma un sentire. Tuttavia un sentire così netto che non lascia spazio a dubbi e che, in quanto tale, produce quella che, appunto, viene definita “ricerca”.
Ma… c’è un “ma”! Un Ricercatore, come detto sopra, è innanzitutto un essere umano. Il punto di partenza, chiamiamolo così, è la sua umanità. Nessun essere umano è infallibile, men che meno un Ricercatore il quale, per forza di cose, non può che procedere per prove ed errori perchè è esattamente così che si cresce interiormente.
Nulla si tralascia ma tutto si trascende.
Trascendere qualcosa significa passarci in mezzo e andare oltre essa. Questo è fondamentale da capire.
Certo, ci sono cose che vanno “lasciate” nell’istante in cui se ne riconosce la falsità o l’irrealtà ma questo significa che, in qualche modo, sono state trascese. Ci sono anche aspetti che non si trascendono, quanto meno fino a notevolissimi livelli evolutivi. Ad esempio l’amore e la compassione; due principi che, anche solo per essere pienamente realizzati, implicano un’evoluzione che va ben oltre l’Illuminazione. Ma la crescita interiore, sebbene in alcuni momenti possa subire delle accelerazioni così incredibili che possono essere viste letteralmente come salti evolutivi, in realtà è un processo analogico, non digitale. Tutta la manifestazione è caratterizzata dal principio di dualità, a cui di fatto si rifanno le odierne scienze informatiche, ma la trascendenza è un processo analogico, continuo, che ad un certo punto sfocia in un salto.
Per usare termini meno obliqui, possiamo fare un esempio: la trascendenza può essere paragonata all’atto di avvicinarsi ad una porta. Questo avvicinamento è progressivo, fluido, più o meno costante, certo ma è qualcosa di “analogico”. Quando passate attraverso quella porta allora avviene il cambiamento duale: prima eravate di qui, dopo siete di là. Avete fatto un salto ma tale salto è la risultanza di un processo continuo, non discreto (discreto in senso matematico, ovvero definibile da quantità precise).
Ecco perchè, se un Ricercatore dimentica quale sia la sua umanità dovrebbe fare estrema attenzione: o si è illuminato (e sappiamo che l’illuminazione è uno stato che non si può dubitare di aver raggiunto) oppure sta commettendo un errore che, molto spesso, può non solo fuorviarlo, magari facendogli sprecare il resto di quella incarnazione, ma anche portarlo “al lato oscuro”, letteralmente.
Ci sono momenti, fasi nella vita di un ricercatore, in cui chi ci circonda viene visto per quello che, in buona sostanza, siamo tutti: polvere mossa dal vento. Ma se il Ricercatore commette l’errore fatale di non rendersi conto che egli stesso ancora non è molto più che polvere, ecco che tutta la ricerca va a farsi benedire. Perchè ciò che fa sentire un Ricercatore “migliore” degli altri non è altro che il suo ego che, per qualche motivo, si è gonfiato oltre misura.
Difficilmente un Ricercatore potrà essere qualcosa di diverso da una persona che, per molti aspetti, definireste un “campione di umanità”. All’inizio potrà a volte essere un po’ stronzo (succede praticamente a tutti, quando muoviamo i primi passi sulla via della ricerca) ma poi questo cambierà. Solo un ricercatore alle prime armi si muove senza rispetto per le altre persone o per qualunque altra forma di vita (attenzione: ho detto “rispetto”, non “sudditanza”).
Una delle persone più intense e luminose che mi sia stato dato di incontrare sul mio cammino, è uno Swami “occidentale”. Lui spiegava come, all’inizio della sua ricerca, disse al suo Maestro di voler abbandonare tutto per seguirlo.
Il Maestro gli rispose: “Hai studiato? Hai una laurea o un diploma? Hai una cultura? “. L’allora “aspirante” Swami rispose che no, non l’aveva. Quindi il Maestro gli disse: “Bene, allora vai a studiare, diventa colto, poi ne riparliamo”.
Lo Swami lo fece e tornò dal Maestro con la stessa richiesta. E il Maestro gli disse: “Hai un lavoro? Sai cosa vuol dire mantenersi, pagare le bollette etc. etc.?”. No, l’aspirante Swami non l’aveva. Il Maestro gli disse allora: “Vai, trovati un lavoro, impara cosa vuol dire doversi mantenere, poi torna.
Lo Swami fece come gli era stato detto e tornò ancora una volta dal Maestro con la sua richiesta. Il Maestro gli disse: “Hai una compagna? Dei figli? No? Bene, metti su famiglia, poi ne riparliamo!”
Ancora una volta lo Swami fece quello che il Maestro aveva detto e poi tornò da lui.
Oggi quello Swami ha sostituito il suo Maestro, che inanto ha abbandonato il corpo, alla guida dell’Ashram e ancora oggi studia, ha moglie e figli e lavora come un matto (perchè gestire un Ashram è parecchio impegnativo, a cominciare dal pagare le spese!).
Ecco cosa intendo, tra le altre cose per “campione di umanità”: una persona che nessuno può esimersi dall’ammirare, a cui difficilmente puoi non voler bene, e che sa esattamente cosa significa “essere nel mondo ma non di questo mondo” (Credetemi sulla parola: se provate a passare anche solo 10 minuti con questo Swami, è esattamente quello che vedrete).
Quando un Ricercatore abbandona moglie e figli perchè ritiene gli siano d’ostacolo, sta commettendo un errore enorme! Molti Ricercatori vengono abbandonati dal compagno o dalla compagna perchè non riescono più a comprenderli, a riconoscerli ma il Ricercatore non lo fa se non in casi estremi e comunque MAI dipendenti dalla sua Ricerca quanto dallìoggettiva caduta di quello che lo teneva insieme alla sua compagna. E anche allora lo farà nel modo più incredibilmente umano che possiate immaginare.
Quando un Ricercatore abbandona il lavoro solo perchè si trova male in esso, sta commettendo un errore enorme! Molti Ricercatori perdono il lavoro perchè diventano caratterialmente incompatibili con i canoni assurdi del mondo del lavoro per come è oggi. Il Ricercatore abbandona il proprio lavoro quando diventa oggettivamente incompatibile con la sua ricerca, non per insofferenza nei confronti di esso.
Quando un Ricercatore abbandona lo studio, solo perchè ritiene di non averne più bisogno, sta commettendo un errore enorme! Non si dovrebbe mai smettere di studiare, perchè il Sapere è complementare alla Conoscenza.
Quando un Ricercatore ferisce per incuria o peggio per scelta chi lo ama, ha fallito il suo scopo. Un Ricercatore verrà ferito innumerevoli volte da chi ama e anche da chi manco conosce, ma non restituirà quasi mai il colpo ricevuto, se non per difendere la propria integrità. Potrà ferire? Certo! Ma solo come effetto collaterale di cui si assumerà sempre la piena responsabilità!
In buona sostanza un Ricercatore smette di essere tale tutte le volte in cui per identificazione sconfessa la propria umanità, in qualunque modo.
Essere Ricercatori significa IN PRIMIS essere uomini e donne eccezionali
(ovviamente con tutti gli errori e le sviste che si possono anzi, si devono commettere!).
Da lì si inizia!
Ecco perchè occorre ricordarsi sempre di essere eccezionali!
Ci si vede in giro!