Innescare il cambiamento creandone la forma
Un trucchetto simpatico, semplice nella concezione ma che poi diventa un po’ tosto da mettere in atto. Tuttavia il risultato è piuttosto interessante.
Arrivano a volte dei momenti in cui si vorrebbe cambiare (parliamo di cambiamenti da indurre in se’ stessi). Si ha anche l’idea di cosa cambiare e quale dovrebbe essere il risultato definitivo. Però, per svariati motivi… non solo non siamo come vorremmo (o come sentiamo che dovremmo essere), ma non siamo neppure in grado di trasformarci in nel modo desiderato.
Per fare un esempio e chiarire, può capitare che una persona, arrivata ad un certo punto, decida che deve diventare più gentile, oppure più generosa. Ma anche magari da timida, vorrebbe trasformarsi in spregiudicata o anche semplicemente più libera. Oppure il contrario, da dolce e gentile vorrebbe diventare più dura e risoluta (perchè no?).
In questo caso, in realtà la trasformazione è già in atto, a livello però esclusivamente “potenziale”. Questo implica che dall’interno (più o meno profondo) qualcosa si è manifestato “premendo” in una certa direzione. Solo che, essendoci di mezzo la materia, tra volontà, azione e risultato… ci passa un mare: di tempo, di energia e di fatica.
C’è un modo per accelerare il cambiamento che vorremmo: creare una forma e poi lasciare che “noi stessi” la riempiamo.
Si tratta di costruire una specie di avatar di noi stessi, all’interno della nostra mente. Non è semplicissimo, perchè non c’è qualcosa da visualizzare: non stiamo parlando di diventare più magri, più muscolosi o altro cambiamento fisico.
Noi stiamo cercando di diventare “altro” da come siamo. Quindi la visualizzazione c’entra ma solo marginalmente. Quello che dobbiamo creare nella nostra mente è il modo in cui vogliamo sentire noi stessi.
Detto a parole è difficile; farlo… molto meno.
E’ un modo creativo di usare il sentire; in poche parole si tratta di sentire noi stessi non per come siamo, ma per come vorremmo essere. In questo modo, la nostra mente inizierà ad acccettare il cambiamento interiore (che, ricordiamocelo, è già iniziato) e a facilitarne la manifestazione nella personalità.
Occorre continuamente mantenere l’attenzione su questo sentire (che tenderà a sgusciare via come un pesce), con grande dedizione e concentrazione nonchè, a tutti gli effetti, volontà. Il processo può durare un tempo indefinito: nella mia esperienza non c’è un vero legame tra tempo necessario e dimensione del cambiamento. Più che altro ve ne è con il tempo e l’intensità dedicati all’operazione mentale.
Si attraversano diverse fasi, di cui una delle più delicate è quella in cui non si è più quelli di prima ma non si è ancora quelli previsti. In questo momento viene a mancare il riferimento su quanto sia già stato fatto e, di conseguenza, quanto manchi alla meta. L’importante è non farsi fregare e continuare a mantenere fisso in mente l’avatar iniziale.
Al nostro interno, all’inizio tutto si opporrà: la mente farà i capricci, probabilmente il corpo la seguirà, la volontà vacillerà in continuazione e la direzione tenterà di cambiare di concerto.
Ancora una volta la chiave è la costanza; non deragliare dal percorso prefissato, tornando a richiamare la mente sempre sullo stesso aspetto, sullo stesso avatar, sulla stessa qualità da raggiungere, instancabilmente e senza farsi scoraggiare dai continui, inevitabili, contrattempi.
Si avvertirà una sorta di “pressione” all’interno, una sensazione che tenderà a crescere con il passare del tempo. Ad un certo punto, magicamente… la tensione cade di colpo, e si sente che qualcosa all’interno “scivola in posizione”, come se improvvisamente il nostro avatar venisser riempito perfettamente da noi stessi.
Quello è, di solito, il momento in cui si compie il cambiamento.
Attenzione però a non confondere “noi stessi” con questa nuova qualità raggiunta. Occorre rammentarsi che il vero “noi” sicuramente non è quello: altrimenti non sarebbe stato possibile mettere in atto il procedimento esposto.
Il vero “noi” sta indietro, ancora più indietro di colui che ha iniziato il cambiamento (tanto è vero che costui si è dovuto servire di un trucco, per rendere reale qualcosa che, a tutti gli effetti, ha percepito come una sorta di spinta proveniente da dentro).
Però indossare un nuovo abito, una nuova personalità, è un buon modo per riconoscere che noi non siamo quello che pensiamo di essere.
E’ come un gioco di bambole russe: un osservatore dentro l’altro…
Provare per credere!
Efficace tecnica. Anche divertente, per certi versi. E mette in luce quanto il teatro possa essere (in potenza) una via di conoscenza e trasformazione di sé. Creo un personaggio e lo rendo il più possibile reale (lo realizzo appunto), lo incorporo praticamente. Il tutto consapevolmente.
E, come dici tu stesso, questo mi peremette da un lato di scoprire nuove qualità da esprimere, dall’altra di osservare chi o cosa non siamo e avvicinarci alla nostra vera natura.
Grazie! :bye:
E’ vero, il teatro credo proprio sia perfetto per questo tipo di esercizio. Anche se, nel caso in oggetto si cerca, più che di un personaggio, di “lasciar spazio” a qualcosa di più reale.
Però, per la mia poca esperienza in merito, chi ha studiato teatro, in questa cosa effettivamente riesce molto meglio!
Ciao e buona giornata! :bye:
Grande Franz ;)come sempre