Dalle nebbie del tempo: l’elemento più abbondante dell’universo

La neb­bia di oggi, ori­gi­na­ria­men­te pub­bli­ca­ta nel Set­tem­bre 2010

Qual’è l’elemento più abbondante dell’Universo?

Pub­bli­ca­to ori­gi­na­ria­men­te il: 30/09/10.

Bel­la la doman­da, faci­le la rispo­sta: il vuoto.

Il vuo­to è con­si­de­ra­to il quin­to ele­men­to nel­le cul­tu­re più anti­che (e sag­ge), man­ca inve­ce in quel­la occi­den­ta­le, sem­pre più vota­ta al mate­ria­li­smo più bieco.

Ma a ben vede­re, il vuo­to è pro­prio la cosa che più abbon­da in que­sto uni­ver­so, anche se di “vuo­to” non ha pro­prio nulla.

A tut­ti gli effet­ti, quell­lo di vuo­to è un con­cet­to estre­ma­men­te imba­raz­zan­te. Super­fi­cial­men­te infat­ti è faci­le con­ce­pi­re il vuo­to; basta pen­sa­re a una bot­ti­glia, un bic­chie­re, allo spa­zio cosmico…

Ma che suc­ce­de quan­do cer­chia­mo di con­ce­pi­re un vuo­to sen­za un contenitore?

Lì casca l’a­si­no! Sen­za un pie­no non può esi­ste­re un vuo­to. E, allo stes­so tem­po, non può esi­ste­re un pie­no sen­za un vuoto.

Con­cet­to dua­le? Non cre­do. Più che altro due fac­ce del­la stes­sa meda­glia: la realtà.

La vacui­tà è infat­ti qual­co­sa che dav­ve­ro costi­tui­sce le fon­da­men­ta stes­sa del­la mate­ria. Basta scen­de­re a livel­lo ato­mi­co per ren­der­se­ne conto.

Anche il mate­ria­le più den­so e com­pat­to, come ad esem­pio l’u­ra­nio o ele­men­ti anco­ra più den­si, sono tal­men­te “pie­ni” di ato­mi da ave­re un peso ecce­zio­na­le. Ma alla fine, la fac­cen­da alla base è sem­pre quel­la: sono fat­ti anche loro di atomi.

E un ato­mo è un vero “pal­lo­ne gon­fia­to”, nel sen­so che è com­po­sto per lo più da… spa­zio vuo­to. Per usa­re una defi­ni­zio­ne sem­pli­ci­sti­ca ma espli­ca­ti­va, un ato­mo è com­po­sto da un nucleo più o meno gros­so e da un cer­to nume­ro di elet­tro­ni che gli giron­zo­la­no attor­no a distan­ze che pos­so­no varia­re a secon­da del­le con­di­zio­ni in cui si tro­va l’a­to­mo, in qua­li lega­mi si impe­gna etc. etc.

Per ave­re un’i­dea di quan­to sia que­sto “vuo­to”, pen­sa­te che, se pren­des­si­mo un ato­mo e ne por­tas­si­mo il nucleo alle dimen­sio­ni di una pal­la da ten­nis, gli elet­tro­ni gire­reb­be­ro intor­no ad una distan­za media di un chilometro.

L’a­to­mo quin­di è per la mag­gior par­te vuo­to. Il nucleo, a sua vol­ta, per quan­to den­so sia, è a sua vol­ta com­po­sto da par­ti­cel­le suba­to­mi­che le qua­li sono dispo­ste ad una cer­ta distan­za tra loro per quan­to microscopica.

E se andia­mo avan­ti? Se pro­ce­dia­mo nel­l’in­fi­ni­ta­men­te pic­co­lo, alla fine ci tro­via­mo in una sor­ta di lim­bo, che non è pos­si­bi­le descri­ve­re in ter­mi­ni mec­ca­ni­ci, ma solo quan­ti­sti­ci e probabilistici.

Vale a dire che, dal pun­to di vista del­la mate­ria… ci tro­via­mo anco­ra nel vuoto.

Un vuo­to pie­no di for­ze, radia­zio­ni, ener­gia. Ma nes­su­na trac­cia del­la nostra tan­to ado­ra­ta mate­ria, che una vol­ta in più si rive­la come la per­ce­zio­ne di uno sta­to par­ti­co­la­re ell’e­ner­gia (qua­lun­que essa sia).

For­se, se noi esse­ri uma­ni pro­vas­si­mo a pen­sa­re a noi stes­si in ter­mi­ni come que­sti un po più spes­so, cam­bie­reb­be anche la nostra visione.

E maga­ri ci spie­ghe­rem­mo cer­te espres­sio­ni tipo “illu­sio­ne dei sen­si”, “tra­scen­de­re la mate­ria” non­chè varie altre qui­squi­lie e pin­zil­lac­che­ri di que­sto tipo.


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4 Commenti
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Fede

otti­mo!

cinzia opezzi

:cof­fee: più che altro mi fareb­be dav­ve­ro pia­ce­re che tra e e gli altri esse­ri uma­ni ci fos­se, non neces­sa­ria­men­te ma ci potes­se esse­re, un mini­mo di un chi­lo­me­tro. e ades­so tu mi dici che la mia neces­si­tà non è che una cor­ri­spon­den­za con lo sta­to natu­ra­le del­le cose… lol3:

Franz
Reply to  cinzia opezzi

:muah: :muah: :muah: Ciao Cin­zia, lie­to di tro­var­ti anche qui! Buo­na gior­na­ta! :cof­fee:

jackll

Ma quel­lo che noi chia­mia­mo “vuo­to”, non è vuo­to ma pieno !
Tut­to ciò che ci cir­con­da, sia nel­la ter­ra che nel­lo spa­zio è pie­no, il fat­to che non lo vedia­mo non vuol dire che non ci sia !
Un gior­no, for­se, impa­re­re­mo a ” vedere “.